7.5
- Band: TITHE
- Durata: 00:29:26
- Disponibile dal: 17/02/2023
- Etichetta:
- Profound Lore
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In piena pandemia, parlando della prima prova sulla lunga distanza dei Tithe, sottolineavamo come il rischio che gli sforzi della band dell’Oregon passassero inosservati agli occhi del pubblico e della critica fosse un’eventualità concreta, appellandoci al classico miracolo underground per un giusto riconoscimento del terzetto e delle sue capacità di scrittura. Bene, a tre anni di distanza, possiamo dire che il nome del gruppo sia comunque riuscito a circolare e che il nostro augurio non si sia scontrato con le tipiche logiche di mercato, puntualmente crudeli verso coloro che si accasano presso una label poco affermata (la Tartarus Records, nel caso del suddetto “Penance”) o che non trovano il modo di generare hype in rete e sui social.
“Inverse Rapture” vede infatti la luce (si fa per dire…) sotto l’ala protettrice della Profound Lore, e oltre a godere dell’aura di rispettabilità emanata del roster messo insieme da Chris Bruni segna un ulteriore step nella carriera del gruppo americano, la cui proposta appare oggi ancora più cupa, marcia e negativa rispetto al 2020. Un suono che da coordinate sludge sporcate di black e death-grind ha di fatto invertito il peso di questi elementi all’interno della propria economia, per una corsa a perdifiato nell’Abisso che non lascia adito a dubbi sul colore prevalente della tracklist; un nero pece che avvolge, soffoca, striscia, e che riflette quello che doveva essere lo stato emotivo del cantante/chitarrista Matt Eiseman durante la gestazione dell’opera. Pare infatti che i sette brani della raccolta (per mezz’ora scarsa di musica) siano una rielaborazione della malattia mentale e della scomparsa della madre del musicista, e la natura tragica di questo concept non esita a manifestarsi attraverso un’interpretazione che sa di bile e catarsi vomitate senza filtri contro l’ascoltatore. Dallo stridere misantropico di “Anthropogenic Annihilation” alle melodie rancide di “Pseudologia Fantastica”, non c’è molto spazio per rallentamenti pronunciati di marca doom o per parentesi in cui le trame hanno modo di espandersi; come detto, l’urgenza strumentale è pressoché la medesima di una realtà grindcore o death metal, per un assalto alla giugulare in cui è comunque sempre possibile percepire l’attenzione riposta nel cesellamento dei riff e nell’espressività generale del songwriting, le cui modulazioni su basi ritmiche feroci e sferraglianti ribadiscono l’ingegno sviluppato nel corso degli anni da Eiseman e compagni.
Un flusso crudo e sincero che oltretutto ha il merito di crescere con il tempo, invitando – complice la durata abbordabilissima – a ripetere l’esperienza senza patire il confronto con pilastri del sottogenere come Coffinworm, Dragged into Sunlight e Lord Mantis, i quali nel frattempo si sono sciolti o sono scomparsi dai radar. In definitiva, forse ancora più distintamente in questa veste raccapricciante e brutale, i Tithe si confermano una piccola grande realtà del circuito underground a stelle e strisce, pronti a raccogliere con “Inverse Rapture” tutti i frutti del loro disprezzo per le formule musicali più pulite e concilianti. Quel che si dice un ritorno autorevole.