7.5
- Band: TOLIMAN
- Durata: 00:55:48
- Disponibile dal: 18/01/2024
- Etichetta:
- Bagana Records
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Se per lungo tempo il progressive è stato associato nell’immaginario collettivo a band ‘da nerd’ come i Dream Theater, da un po’ di anni a questa parte il successo crescente di gruppi come Polyphia, Spiritbox o Loathe (così come dei veterani Periphery, Tesseract o Northlane) sembra averlo reso più cool, unendo i virtuosismi strumentali in una metamorfosi che dal djent arriva in alcuni casi ad abbracciare anche trap o alternative.
In quest’ultimo filone sembrano ricadere i Toliman, band con finora all’attivo il solo EP “Abstraction” nel 2019 e qui al debutto sulla lunga distanza: la cifra stilistica del sestetto è data dalla volontà di sperimentare, ma per assurdo la cosa più sorprendente di “Elevate” è la parte centrale, con la morbida ballata acustica “5 AM”, che mette in risalto l’ugola di Paola Urso come una moderna Alanis Morissette, e la caledoscopica cover di “Hyper Ballad” di Björk, impresa non facile vista la complessità del materiale di partenza.
Il resto della tracklist non è da meno in quanto a sperimentazione: fin dall’opener “Opiate” veniamo introdotti nel mondo dei Toliman da una cascata di note delle due chitarre di Riccardo Ruggiero e Jack Irrequieto, ma già dalla successiva “Ablaze” la sezione poliritmica di Luca Melina (basso) e Francesco Ottone (batteria) si erge a protagonista, anche se in entrambi i casi la tecnica è messa al servizio della canzone grazie a composizioni dal minutaggio mai troppo elevato e dal piglio moderno pur senza voler essere mainstream a tutti i costi.
In questo aiuta sicuramente il recente innesto del tastierista Francesco Marchisotti, i cui arrangiamenti arricchiscono di sfumature atmosferiche pezzi come “Crows & Cranes” o “Sinestesia”, ma ovviamente la protagonista assoluta resta la timbrica di Paola Urso (autrice anche di tutti i testi), capace di graffiare senza ricorrere allo scream e di mantenere una sua interpretazione personale anche nei passaggi più eterei.
A tratti la sperimentazione si spinge un po’ troppo in là (“Theseus”) e la ricerca dell’avant-garde mostra qualche forzatura (come in alcuni passaggi della pur gradevole title-track), ma in ogni caso l’alchimia tra i sei garantisce un mosaico di emozioni in grado di sorprendere spesso e volentieri anche l’ascoltatore più navigato (“Windowpane”, “Roots”), pur nella consapevolezza che a un certo punto ci sarà un ritornello o un assolo ad avvolgerci come una coperta calda prima di ripartire nuovamente verso l’infinito e oltre.
Vista la provenienza lombarda si potrebbe azzardare un paragone a metà tra una versione meno schizofrenica dei Destrage o più progressive dei Lacuna Coil, ma la verità è che i Toliman sono una band di difficile classificazione: sicuramente ancora in una fase ascendente della loro carriera ma già meritevole di attenzione da parte di chi ama le sonorità più ricercate, senza però rinunciare ad un tocco moderno.