TOOL – Fear Inoculum

Pubblicato il 31/08/2019 da
voto
7.5
  • Band: TOOL
  • Durata: 01:26:43
  • Disponibile dal: 30/08/2019
  • Etichetta:
  • RCA

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E fu così che finalmente anche il nuovo album dei Tool vide la luce: potrebbe essere sia l’incipit che la fine di una storia lunga pagine e pagine, che si dipana attraverso tredici anni. Sì, perchè tanto è trascorso dall’ultima prova in studio, quel “10.000 Days” che confermò lo status di culto della band guidata da Maynard James Keenan, istrionico e carismatico frontman che nel frattempo si è diviso fra impegni imprenditoriali ed artistici, facendo aumentare di pari passo il culto per gli A Perfect Circle (il principale fra i suoi sollazzi musicali extra Tool) ed eludendo in maniera esponenziale la domanda che tutti si ponevano, ovvero quando sarebbe uscito questo “Fear Inoculum”. Ed eccolo qui, l’oscuro oggetto di desiderio che sarà destinato inevitabilmente a fare notizia, nel bene e nel male: a cominciare dall’edizione fisica al momento unicamente in commercio, una sorta di feticcio che andrà a ruba ma che sancisce anche con questi piccoli/grandi dettagli come i Tool non siano un gruppo ‘normale’. E proseguendo su questa eccezione alla norma si può continuare andando a vedere che il minutaggio totale è ben oltre l’ora e venti, includendo sei canzoni vere e proprie, ognuna della durata superiore ai dieci minuti, più quattro intermezzi (tre dei quali presenti soltanto come bonus track nell’edizione digitale).
Ma dunque cosa si può dire di “Fear Inoculum”? Certamente porta la firma dei Tool a caratteri cubitali, dunque non sposterà di tanto l’equilibrio fra fan e detrattori del gruppo: di sicuro però ci si trova di fronte ad un lavoro allo stesso tempo complesso e semplice, dicotomico ed organico in egual misura.
La batteria, anzitutto. Danny Carey fa il grosso del lavoro, instancabile dietro le pelli e con le percussioni (l’orientaleggiante inizio della titletrack fra suoni di tablas e l’accompagnamento alla voce al principio di “Invincible”): un trionfo di tempi dispari, chirurgici e dalla complessità orecchiabile, vero motore propulsore per la maggior parte dei brani qui presenti. Di pari passo la sicurezza data dal basso di Justin Chancellor è confortante, come una luce che indica la via anche quando tutto intorno è mutevole e non in fase, grazie ad un suono riconoscibile fra tanti. Adam Jones alla chitarra si riconferma instancabile tessitore di riff circolari e che si autogenerano senza soluzione di continuità; va a sottolineare però “Descending” con un assolo fra bottleneck, delay e wah wah combinato ad armonizzazioni classiche e più canoniche di quanto ci si potesse aspettare e caratterizzando la conclusiva “7empest” con un inizio in odore di stoner ed una parte solista esplosiva, quasi una jam fatta apposta per far risaltare il talento compositivo ed esecutivo del chitarrista. Una jam che sembra riaffiorare in altri punti, come nella emblematica “Pneuma”, in cui trova spazio anche un synth – aggiungendo pepe ad un brano che inizia con una risacca melodica creata da un giro di accordi generati dalla sei corde pulita, lasciando a poi la scena alla sezione ritmica: man mano tutto è più fluido ed assume allo stesso tempo una distorsione più profonda, giungendo ai suoni più elettronici come si diceva in principio. A proposito di elettronica, sarà il tempo a scovare forse reconditi significati dietro gli intermezzi (in numero variabile da uno a quattro come già detto) che come tradizione i Tool sono soliti porre nei propri lavori e che non aggiungono nè tolgono valore artistico al continuum dell’opera, ma diventano accessori (fondamentali? Superflui?) rispetto alle composizioni suonate in maniera più classica dal gruppo.
Ma in tutto questo che parte riveste Mr. Keenan? Forse la chiave di volta diel disco, unitamente alla batteria, è rappresentata proprio dalla parte vocale: già si sa del particolare cantato all’interno dei Tool, ma questa volta sembra che tutto vada addirittura oltre; poche comparsate che ondeggiano fra il salmodiare di “Culling Voices”, brano che si apre su tappeti sonori lontani ed una chitarra inquietante che si liquefà e moltiplica, e la già citata “7empest”, forse la più ortodossa da un punto di vista vocale classicamente inteso.
Quindi com’è questo “Fear Inoculum”? Sicuramente ci troviamo di fronte ad un lavoro complesso ma che a volte sembra un po’ troppo compiaciuto nel creare l’attesa di un’esplosione sonora per metà della canzone, salvo poi arrivare al sodo un po’ in ritardo. Certo, di sicuro è un CD che ha bisogno di tanto tempo per essere assimilato, ma sembra quasi che la ricerca continua di rarefazione e stratificazione del suono abbia portato ad una sorta di dolce tortura nei confronti dell’ascoltatore, nel tenerlo in costante stato vigile seppur con mantra sonori quasi ipnotici. A volte si ha come l’impressione che manchi qualcosa, come se non ci fossero delle linee strumentali o vocali nel mixaggio finale e che tutto assumerebbe ancora più valore con qualche piccolo accorgimento che forse si sarebbe potuto adottare o poteva essere pensato durante un periodo di tredici anni: questioni di lana caprina, certamente, dato che “Fear Inoculum” verrà equamente incensato e snobbato. Ma forse è proprio questo il destino di un gruppo fuori dal normale.

TRACKLIST

  1. Fear Inoculum
  2. Pneuma
  3. Litanie Contre La Peur
  4. Invincible
  5. Legion Inoculant
  6. Descending
  7. Culling Voices
  8. Chocolate Chip Trip
  9. 7empest
  10. Mockingbeat
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