7.0
- Band: TORTURE RACK
- Durata: 00:26:22
- Disponibile dal: 09/06/2023
- Etichetta:
- 20 Buck Spin
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Superato il decennio di attività, i Torture Rack possono essere visti come dei veterani della scena death metal del Pacific Northwest, in tempi recenti popolata e animata da formazioni ormai conosciute come Mortiferum, Fetid, Ritual Necromancy, Triumvir Foul e Witch Vomit. Tra tutte queste realtà, il quartetto di Portland è probabilmente quella più ‘ignorante’, essendo da sempre fedele a un suono decisamente rétro, poco incline a stratificarsi e ad evolversi verso soluzioni meno derivative.
Come prevedibile, anche nel nuovo “Primeval Onslaught” la musica della band riassume varie sfumature della scuola death metal statunitense di fine anni Ottanta e primi anni Novanta, partendo da riferimenti ultra-classici – come i Cannibal Corpse degli esordi – per arrivare a recuperare formule leggermente più di nicchia (Rottrevore, primi Broken Hope), il tutto stando sempre ben attenta a non complicare troppo le composizioni. Detto di qualche deriva più slabbrata e punkeggiante che tutto sommato ben si lega alla rozzezza del resto della proposta, il death metal dei ragazzi statunitensi si conferma insomma fedele alla linea, con brani assolutamente privi di qualsiasi genere di finezza, ma altresì solidamente strutturati in un continuo zigzagare tra ritmi ossessivi e aperture più groovy che evocano headbanging sfrenato. Nel suo stoico classicismo, il disco si dimostra interessante e coinvolgente soprattutto quando i brani si fanno movimentati, con riff che si passano rapidamente il testimone portando la musica su sviluppi poco prevedibili; tuttavia, bisogna anche riconoscere che la durata di appena ventisei minuti fa in modo che non si vengano a creare veri momenti di stanca, nemmeno in quelle situazioni in cui l’ispirazione non dà l’idea di essere su livelli eccelsi.
In ogni caso, abbiamo avuto il piacere di vedere i Torture Rack in concerto e non vi è dubbio che quella live sia la dimensione a loro più congeniale: se su disco brani come “Ceremonial Flesh Feast” o “Forced From The Pit” lasciano il segno, dal vivo l’attitudine gradassa e spietata della band sa trasformarli in veri e propri bulldozer, rendendo la sala un coacervo di furia ed esaltazione.
A conti fatti, “Primeval Onslaught” fa dunque il suo, soddisfando la nostra voglia di junk food musicale e confermando di conseguenza la genuina prestanza e la perizia del gruppo americano. Per la standing ovation aspettiamo però la prossima esperienza live.