7.5
- Band: TORTURE SQUAD
- Durata: 00:49:44
- Disponibile dal: 22/09/2023
- Etichetta:
- Time To Kill Records
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Non è facile approcciarsi ad un nuovo album dei Torture Squad, ed il motivo è abbastanza semplice. Come nel precedente “Far Beyond Existence”, rilasciato ormai sei anni or sono, la varietà sonora espressa dal quartetto carioca è di quelle complesse: death, prog, inserti sinfonici, musica tribale, stacchi più heavy. Rischio minestrone? No, anzi è proprio grazie all’alto tasso di maturità acquisita che la band di Castor (basso) e Amílcar Christófaro (batteria) è riuscita a superare l’esame del ‘troppo stroppia’, impacchettando undici pezzi compatti, incisivi, in grado di solleticare più di un palato metallico.
Del resto, basterebbe buttare un occhio alla mastodontica cover realizzata dall’artista brasiliano Mantus (alias Marcelo Vasco, già all’opera con gli Slayer in occasione del loro canto del cigno firmato “Repentless”) per capire la particolarità del lavoro realizzato dal gruppo di San Paolo. Non solo, una notevole spallata positiva è stata data ancora una volta dalla cantante Mayara Puertas, autrice di una prestazione di spessore: dotata di un timbro vocale perentorio e preciso, la Puertas ha donato il perfetto mix di violenza gratuita (“Flukeman”, “Buried Alive” e “Sancturary”), grinta catchy (“Warrior”) e dolcezza (“Find My Way”) così da garantirci un quadro poliedrico sul quale poter riversare ogni tipo di emozione.
Performance vocale sicuramente da premiare, circondata da una roboante sezione strumentale, anch’essa abile a portare la molteplicità d’intenti sopra menzionata. Ogni brano di fatto ci porta in una dimensione ben precisa, dove anche l’impegno sociale trova il suo spazio, visto che in “Uatumã” i Torture Squad collaborano alla canzone “Uatumã”, lanciano un appello per la preservazione dell’Amazzonia in una canzone che scorre in modo potente con i discorsi del leader indigeno Raoni Metuktire a fare da sottofondo agli intermezzi strumentali.
Un lavoro ben fatto quindi, senza filler alcuno, brillando come detto di freschezza, sostenuto dalla voglia di sorprendere. I rimandi ai padrini Sepultura compaiono qua e là, in particolar modo in “Buried Alive” in cui fa la sua entrata in scena tal Andreas Kisser, marcando ancor di più l’operato alle sei corde di Rene Simionato. Se siete pertanto alla ricerca di un album ricco di spunti, caparbio e ben prodotto, “Devilish” merita un orecchio di riguardo.