7.5
- Band: TORTURE SQUAD
- Durata: 00:59:11
- Disponibile dal: 30/03/2018
- Etichetta:
- Brutal Records
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Azzannatori di thrash fatevi sotto; consumatori inesorabili di death metal dalle forme più adrenaliniche preparate bene i vostri colli. E’ pronta dal Brasile un’ondata tellurica di riff condita da tempestosi assalti ritmici che, con l’inserimento di alcuni spunti più ‘melodici’, si depositeranno violentemente sui vostri capi imberbi. I Torture Squad sono tornati, a distanza di cinque anni dall’ultimo “Esquadrão De Tortura”, e lo fanno con il loro marchio di fabbrica che li contraddistingue sin dal 1990: una sana dose di cattiveria musicale, che prende sì spunto dalle tipiche, storiche (Slayer) e conterranee (Sepultura) espressioni thrash che li hanno preceduti, ma che è comunque riuscita a mantenere una certa singolarità di fondo, nonostante i diversi avvicendamenti avvenuti nel corso della carriera. Il qui presente “Far Beyond Existence”, giunto in Europa grazie alla Brutal Records, vede infatti l’entrata in scena di due nuove pedine che hanno inciso, e di molto, sulla buona riuscita dell’intero operato. In primis, a sostituire lo storico singer Vitor Rodrigues, dietro al microfono è arrivata la grintosissima Mayara ‘Undead’ Puerta, rivelatasi una piacevolissima sorpresa in grado sia di ricalcare gli scream ‘thrashosi’ sia di raggiungere, pur con qualche difficoltà, le tonalità più cavernose e gutturali. E’ invece Rene Simionato a ricoprire il ruolo di chitarrista: un lavoro, il suo, portato egregiamente a termine, condito da trame fulminee, tecniche e nel contempo cazzute che renderanno felici gli amanti dell’headbanging più sfrenato. E se ai due aggiungete una sezione ritmica di tutto rispetto, guidata dal puntuale e trascinante Amilcar Christofaro, eccovi un’ora perfetta di thrash and death. Nove brani (più la bonus track “Area 51”) in cui l’ordine è uno ed un solo: mai fermarsi. A partire dall’opener “Don’t Cross My Path” una schiera di riff sudoriferi si staglia sull’ascoltatore in attesa che l’ugola della ‘gentil’ Mayara cominci a sparare a zero sulla folla tenendo sempre la tensione generale del brano. La strategia tritacolli dei Torture Squad è ben strutturata quanto semplice: continui e repentini stacchi creano un altalenarsi di attacchi al vetriolo seguiti da passaggi più armonizzati ma sempre letali e spietati. E’ il caso della successiva “No Fate” introdotta dall’urlo disperato della vocalist carioca in cui è lo stesso Christofaro a fare la voce grossa: il suo incedere dietro le pelli si trasforma in un autentico cingolato a dir poco terremotante sul quale viaggiano a meraviglie le linee maligne intarsiate dalla sei corde di Simionato. Necessita un riposo, di un respiro, che arriva nell’intro di “Blood Sacrifice”, forse il pezzo migliore dell’intero lotto. Le note limpide, leggere ed orientaleggianti innalzano la lode alla dea Khali, divinità induista, regina assoluta della distruzione: un’elevazione celestiale che, tuttavia, dura ben poco, degenerando in una vera e propria furia sonora, il cui grido “Maha Khali Blood Sacrifice” si erge sovrano lasciando quindi il posto ad un andirivieni di cambi di ritmo ad arricchire sette minuti di autentica passione. Brani ipertesi come quelli appena elencati, aprono le porte ad episodi più catchy ed orecchiabili, leggasi “Steady Heads”, prima che la matrice death prenda il sopravvento. Con “Hate”, infatti, i toni si brutalizzano ulteriormente grazie anche all’intervento di Dave Ingram, già voce dei Benediction e Bolt Thrower. L’asticella non cede di un millimetro ed “Hero For The Ages” si assesta anch’essa come una delle hit di maggior spessore, anticipando la ‘slayeriana’ titletrack, bollata da riff che rimandano, con i dovuti paragoni, a quell’opera di Tom Araya e compagni targata “Season In The Abyss”. Una prestazione globale di assoluto livello che testimonia come il quartetto brasiliano, forse proprio per l’aggiunta dei nuovi innesti, è riuscito a rilasciare un full-length che, pur non stravolgendo i tipici canoni thrash/death, si staccasse dalla linearità un po’ troppo statica che aveva contraddistinto alcuni lavori precedenti. E dopo la maligna “Cursed By Disease”, il cerchio si chiude con “You Must Proclaim” in cui fa la sua apparazione, accanto alla Puerta, Luiz Carlos degli storici Vulcano. Destinato, come già scritto, a tutti coloro che si cibano ogni santo di giorno di pane e thrash, “Far Beyond Existence” va a premiare una band da sempre underground ma in grado di ricoprire un ruolo importante nel panorama estremo dell’america latina.