6.5
- Band: TOTAL DEATH
- Durata: 00:45:20
- Disponibile dal: 25/01/2015
- Etichetta:
- Punishment 18 Records
- Distributore: Andromeda
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A cinque anni dall’esordio “Well Of Madness”, freschi di un contratto con Punishment 18, tornano a farsi sentire i varesini Total Death. La casa discografica sotto la cui egida esce “The Pound Flesh” è già un ottimo indizio per comprendere a cosa si andrà incontro: all’obbligatorio thrash metal, praticamente mai assente nelle uscite della label piemontese, si accompagnano robuste dosi di death metal, così che l’insieme sia debitore di entrambi i generi e non veda una netta prevalenza di uno sull’altro. Certo, la pesantezza, le soluzioni melodiche, il cantato, rimandano a lidi estremi, ma il riffing serrato e il piglio groovy spostano il baricentro sul thrash metal rivisitato secondo canoni novantiani. Già questo dato fa tirare un sospiro di sollievo, si sa immediatamente di non trovarsi ad affrontare il millesimo ensemble scimmiottante, senza alcuna cognizione, le gesta dei vari Metallica, Testament, Exodus, Sodom e compagnia. I Total Death, al contrario, saltano gli Anni ’80 e si buttano nel decennio successivo, infilando passaggi che possono richiamare diverse scuole di pensiero e non si fermano a un lotto di influenze limitato. Andiamo dritti al punto per quanto riguarda i difetti dell’opera: la produzione, accostabile a quella tipica del thrash/death svedese di fine Anni ‘90/primo scorcio Anni 2000, è un po’ freddina e asciutta, e non dona colore alle buone doti tecniche messe in mostra dai quattro. Inoltre, il songwriting pecca di discontinuità, e si potrà facilmente trovare degli spunti interessanti in buona parte delle tracce incluse in “The Pound Of Flesh”, ma si andrà difficilmente ad entusiasmarsi per un singolo episodio più apprezzabile degli altri. Detto questo, i musicisti qui impegnati ce la mettono tutta per dare un senso al disco e, fatta la tara agli alti e bassi che limitano il giudizio complessivo, rileviamo un discreto sfoggio di idee. L’amore per il techno-death e la rivisitazione melodica di questo stile apportata da Death e Carcass nella fase mediana di carriera inonda ogni composizione di assoli tecnici e di ottimo gusto, piccole prelibatezze inserite per spezzare il passo tendenzialmente in mid-tempo e sensibile a pattern ritmici memorizzabili e saltellanti; il basso dai toni obesi alza il tiro in termini di compattezza, accostando l’operato dei Nostri a quanto di buono combinato a suo tempo da Machine Head e Pantera. La gestione dei ritmi vede i Total Death destreggiarsi al meglio sulle velocità controllate, mentre le tempistiche più spedite li vedono appiattirsi su cromature swedish un po’ stereotipate. Quando il gruppo si addentra in trame complesse ed elaborate, lì dona le migliori soddisfazioni, lasciando intravedere presupposti molto positivi per il futuro: pensiamo ad esempio a “Vhemt”, dove affiorano sembianze sci-fi alla Vektor – solo in versione più rudimentale – o ad “Haunted”, molto affine ai Carcass di “Heartwork”. Singolare la presenza di brevi cavalcate belliche alla Bolt Thrower, in “Hybris” e “Forced Path”, altro segnale di intelligenza compositiva e buona conoscenza dei fondamentali di questa musica. A conti fatti, complice anche la cura per la scorrevolezza delle strutture, e la mancanza di trovate discutibili in seno all’album, la seconda uscita su lunga distanza dei Total Death passa le nostre forche caudine. Ci sono ancora aspetti da migliorare, ma le prospettive per il futuro non sembrano affatto malvagie.