6.5
- Band: TRANS-SIBERIAN ORCHESTRA
- Durata: 00:52:22
- Disponibile dal: 13/11/2015
- Etichetta:
- Universal Music Enterprises
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Sei anni di assenza tra un disco e l’altro sono tanti, ma non per la Trans-Siberian Orchestra. Il carrozzone orchestrale capitanato da Paul O’Neill e Jon Oliva nato, lo ricordiamo, nel 1995 come spin-off del capolavoro “Dead Winter Dead”, infatti ‘monetizza’ sicuramente di più con l’attività live che con la produzione di nuovi capitoli per la propria saga. Eppure, sul finire di questo convulso 2015, il celebrato progetto torna alla carica con questo nuovo full length, sfruttando abilmente l’onda lunga del maestoso doppio concerto del Wacken Open Air di quest’anno e riproponendoci la solita, stellata, sfilza di grandi nomi della scena metal più elegante e teatrale. Oltre ai vari membri ed ex membri dei Savatage, tutti impegnati sui vari passaggi ai relativi strumenti, dietro i microfoni troviamo quindi le voci calde e potenti di professionisti come Soto e Russel Allen, al fianco di ‘stelle nascenti’ come le definisce O’Neill stesso, come la giovanissima Kayla Reeves o l’olandese Robin Bornemann. “Letters from The Labyrinth” non è però un disco destinato a dare uno scossone alla discografia dei Nostri o a rappresentarne nuovi standard: è piuttosto un album molto ortodosso, un mattone perfettamente al suo posto nel muro della discografia della Trans-Siberian Orchestra, ma non certo capace di fungere da cardine o da chiave di volta. Insomma, dall’anno dell’uscita di “Night Castle” di tempo non sembra esserne passato per nulla, e queste quattordici nuove tracce (più bonus) sembrano tratte dalle stesse sessione di scrittura di quel lavoro. Molti dei passaggi, soprattutto all’inizio, sono peraltro quasi completamente strumentali e ampiamente ispirate all’operato dei famosi compositori classici (Mozart per “Madness Of Men”, Bach per “Lullaby Night”), mentre i passaggi ‘rock’ sono come da copione piuttosto teatrali e sempre impostati sulle voci, a guisa di musical, per intenderci. Il risultato, come potete immaginarvi, è quindi pienamente convincente… ma non del tutto sbalordente. Per farcelo piacere, soprattutto se siamo fan, non ci mettiamo infatti molto: la musica è elegante e colta, le performance sono eccezionali, la produzione quello che ci vuole per un prodotto di questo tipo. Però, tolte dai nostri occhi le luci della ribalta, i fuochi, il palco che si accende e gli arditi duetti sullo stage, dobbiamo ammettere che qualcosa viene perso, e che sui solchi digitali in troppi momenti di vera ‘forza’ questo disco ne mostra poca. Non siamo al punto di dover dire ‘peccato’ gridando all’occasione persa, ma è innegabile che un sapore leggermente agrodolce ci rimane in bocca: dopo tutta la ricchezza vista il 30 luglio sul palco del Wacken… forse ce ne aspettavamo un po’ di più anche qui. Pazienza, “Letters From the Labyrinth” rimane comunque un bel prodotto, che non faticherà comunque a piacere ai fan dell’itinerante carrozzone di O’Neill, solo che per il capolavoro, per il nuovo “Beethoven’s Last Night” insomma, ci tocca aspettare ancora. Sperando che non siano altri sei anni.