6.0
- Band: TRANSPORT LEAGUE
- Durata: 00:52:38
- Disponibile dal: 27/08/2021
- Etichetta:
- Mighty Music
- Distributore: Audioglobe
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Considerando una lunga pausa tra il 2003 ed il 2013 (anche se lo scioglimento vero e proprio avviene tra il 2005 ed il 2009, periodo durante il quale i membri della band portano avanti il progetto M.A.N., di impronta industrial), i Transport League possono vantare una carriera quasi trentennale e, con “Kaiserschnitt”, ben nove album; gli svedesi sono anche descritti come un’ottima live band, capace di suonare a festival di un certo peso come il Milwaukee Metal Fest ed il Dynamo Festival. Eppure, su disco, non sempre sono risultati convincenti, in parte per una qualità altalenante della loro musica ed in parte per la mancanza di una decisione definitiva sulla direzione da intraprendere, oltre che per un’elevata instabilità della formazione, che negli anni ha visto il solo leader Tony Jelencovich come punto fisso: la prima parte della carriera, quella in cui il loro hard rock era più diretto e venato di sludge, sembra essere anche la migliore; i dischi appena precedenti e successivi allo split sono anche i più confusi, mentre tra “Napalm Bats & Suicide Dogs” del 2015 e “A Million Volt Scream” di due anni fa il gruppo pare essersi parzialmente ripreso.
“Kaiserschnitt” conferma questo andamento non proprio lineare, con qualche passo in avanti rispetto al passato, ma sicuramente nulla per cui strapparsi i capelli. La formula è, senza grosse variazioni, quella proposta finora: un hard rock misto stoner, un po’ sulla scia dei Clutch, che punta molto sull’aspetto del groove. Quando questa alchimia funziona, il risultato sono alcuni buoni pezzi, mentre altrove le canzoni sembrano essere piuttosto anonime ed innocue. Non si può imputare agli svedesi la mancanza di varietà, anzi, qua e là fanno capolino momenti nu metal e grunge, blues alla ZZ Top e anche qualche intermezzo più robusto, ma forse non c’è quel pizzico di personalità in più che permetterebbe il salto di qualità decisivo e di scrivere qualcosa che abbia probabilità di farsi ricordare almeno per un attimo. Tutto sommato, qualche spunto interessante lo si può trovare: “Atomic” ha una buona carica ed un ritornello contagioso; “March, Kiss, Die”, con Sal Abruscato (A Pale Horse Named Death) come ospite, suona vagamente White Zombie; “Autumn Moon” è il pezzo con le strutture relativamente più complesse e l’esperimento non dispiace. Magari queste canzoni in sede live saranno una bomba, ma da una band con questa esperienza è lecito aspettarsi di più.