8.0
- Band: TRAP THEM
- Durata: 00:46:11
- Disponibile dal: 10/06/2014
- Etichetta:
- Prosthetic Records
- Distributore: Audioglobe
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Sono trascorsi sette anni dall’uscita di “Cunt Heir to the Throne”, da quell’intreccio di punk, death’n’roll e grindcore che apriva la strada a una delle carriere più importanti dell’ultimo decennio. Il primo full-length “Sleepwell Deconstructor”, il successivo EP “Seance Prime” e il secondo album “Seizures in Barren Praise” avevano fatto intravedere le direttrici finali di questo suono basato sulle forme più ruvide dei mondi punk e metal, ma è stato il fenomenale “Darker Handrcaft”, dove un’apertura a suoni più pesanti si accentuava ulteriormente, a svelare definitivamente le prospettive di una band che è senza dubbio qui per restare. Come emergere dall’esercito di formazioni devote al revival death’n’roll e grind anni Novanta? Come evitare di apparire derivativi oltre misura, una volta esplorati certi territori? I Trap Them se le sono poste queste domande e, a vedere dal risultato, cioè la doppietta “Darker Handcraft”/”Blissfucker”, le risposte son state vincenti. Insomma, sarà per l’architettura dei brani, più complessa rispetto alla media delle band del campo, sarà per l’urgenza e l’impatto comunque sempre travolgenti – sentite come spinge l’ex The Red Chord Brad Fickeisen alla batteria! – sarà anche perché sembra essere arrivata la completa maturazione per il frontman Ryan McKenney, mai così velenoso e negativo, ma l’obiettivo di collocarsi una spanna sopra ai colleghi di settore è raggiunto. Già il lavoro precedente aveva stupito in tal senso e proprio per questo c’era una certa attesa per l’uscita, ben tre anni dopo, della nuova fatica discografica. Non facilissimo porre a confronto i due platter, difficile stilare preferenze in breve tempo. Le undici tracce di “Blissfucker” sono, nel complesso, più cupe e sanno plasmare un flusso unico, deciso ma denso, a differenza della “semplice” alternanza di rasoiate e badilate del predecessore. Indubbiamente, il nuovo disco è più mesto e sofferto di quanto lo fosse quello targato 2011: anche nei brani più devastanti si rintraccia questa volta almeno un lieve tocco di atmosfera, come subito dimostra l’opener “Salted Crypts” con i suoi solenni rintocchi di tastiera. Il nucleo dell’album è tuttavia racchiuso nella tripletta finale “Savage Climbers”/”Ransom Risen”/”Let Each Fall and Every Sedition Symptom”, sorta di suite dall’incedere straripante e dal lirismo assolutamente ostile, dove qua e là emergono pure scorie black metal. Con “Blissfucker” i Trap Them portano insomma avanti la loro personale rilettura del death-grind con le lenti del punk hardcore, vero file rouge di tutta la loro produzione, non dimenticandosi però di aggiungere qualche piccolo elemento di novità e di limare e di rendere sempre più vario il songwriting. Alla fine dei conti, ci si ritrova al cospetto di un altro grande album.