6.5
- Band: TRAUMA (US)
- Durata: 00:44:11
- Disponibile dal: 15/02/2019
- Etichetta:
- Pure Steel Records
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Il clima si è incupito in casa Trauma. La copertina post-catastrofe e l’emblematico titolo si riflettono inesorabilmente nella musica, fattasi nettamente più dura e ruvida negli anni successivi al rientro sulle scene di “Rapture And Wrath”. Nel mezzo ci sono stati due importanti innesti in line-up, con l’ingresso alla chitarra dell’ex Danzig Job Fraulob e soprattutto la comparsa al basso di Greg Christian, per molti anni colonna dei Testament. “As The World Dies”, uscito autoprodotto a maggio 2018 e ora rilanciato dalla Pure Steel, cancella quella sensazione relativamente vintage che “Rapture And Wrath” andava ad emanare, cosparso com’era di umori hard rock e un’impostazione old-school piuttosto marcata. Oggi il suono si è fatto arcigno, le chitarre veri macigni, vicine nei momenti più concitati al thrash; non difetta comunque la propensione ad aprirsi a melodie avvolgenti e assoli di carattere, esalando ancora una volta atmosfere non così distanti dagli Iron Maiden dei dischi più recenti, complici le lampanti similitudini fra il cantato di Donny Hillier e quello di Bruce Dickinson.
Ricompare l’energia speed metal degli anni giovanili, che si riflette in brani corposi, ritmati e incalzanti come ”The Rage, “Run For Cover” e “From Here To Hell”, dove è messa in mostra anche una buona gestione del groove e la capacità di suonare moderni, senza perdere un tocco ‘eroico’ tipico del classic metal statunitense. Ad andature controllate, sembra di sentire i Forbidden del post-reunion, oppure gli ultimi Exodus e Testament, depurati di cambi di tempo vistosi; in primo piano si pone un chitarrismo stridente e pastoso, che punta sulla pesantezza e la circolarità. Un metal fosco ed heavy che avanza in midtempo e non squarcia quasi mai il velo di grigiore e pessimismo nel quale è avvolto. La titletrack, “Asylum” ed “Entropy” seguono questi concetti, ossessionandoci con i loro messaggi minacciosi. La sapidità delle singole canzoni è garantita quasi esclusivamente dalla voce di Hillier e dagli spunti solisti, aspetti che fortunatamente funzionano entrambi, anche se quando non spingono sull’acceleratore i Trauma appaiono vagamente standardizzati, per quanto non ci siano palesi abbruttimenti e banalità tali da far affondare i singoli episodi. L’assenza di hit rilevanti è la pecca più vistosa di un album che ha forza e impatto sufficienti per essere gradito sia dagli amanti del metal classico che dai thrasher, ma che in definitiva non riesce a scrollarsi di dosso una certa rigidità, la sensazione di andare avanti con il pilota automatico inserito, non fosse per l’enfasi delle linee vocali e i ricami della solista. Si poteva fare di più.