
7.5
- Band: TRAVELER
- Durata: 00:40:14
- Disponibile dal: 24/04/2020
- Etichetta:
- Gates Of Hell Records
- Distributore: Audioglobe
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Due album in due anni consecutivi. Se escludiamo talune iperproduttive one-man band del filone estremo, qualcosa di raro, tendente al rarissimo. I Traveler sono anni ’80 anche in questo, nel gettarsi di nuovo sul mercato a un anno dal fortunato esordio omonimo. “Termination Shock” è già un passo in avanti per la carichissima formazione canadese, che ha ovviato prontamente al principale difetto del primo disco, ovvero la varietà. “Traveler” aveva sì dalla sua una compattezza invidiabile, ma si mostrava come una roboante muscle car poco adatta alle marce basse, destinata per sua natura a viaggiare costantemente al massimo dei giri. Col secondo full-length, i cinque paiono aver imparato prontamente dai propri (lievi, diciamola tutta) errori e ci presentano un lotto di canzoni vicine in spirito, urgenza espressiva e influenze manifeste, a quelle dello scorso anno, però levigate nei suoni e più ragionate nello svolgimento. Ecco, già la produzione denota una migliore definizione, perché se quella di “Traveler” era buona, questa consente di apprezzare meglio gli intrecci chitarristici e la brillantezza delle melodie. Migliorata anche la botta di suono e il bilanciamento fra gli strumenti, che condensano la lezione dei padri protettori dell’heavy metal (Judas Priest, Saxon, Iron Maiden, Jag Panzer, primi Sword a primeggiare) offrendone una rielaborazione orgogliosa e sentita.
A emergere nelle prime battute e offrire il sostegno fondamentale alla riuscita di ogni brano, è il drumming di Chad Valier, granitico ed estroso quanto basta per destare immediatamente l’attenzione e inclinare ai Nostri i favori del pubblico. La prima parte dell’album vive di momenti eclatanti, la musica scorre trascinante trainata ora da uno strumento, ora dall’altro, a sigillare una compattezza e un brio patrimonio imprescindibile dei gruppi ai primi anni di carriera. Giocando coi riferimenti e suonando, spesso, come una versione accelerata e appesantita della migliore NWOBHM, i Traveler inanellano anthem pregevoli (“Shaded Mirror”, “Foreverman”), cui non difetta un moderato afflato epico. Rispetto alla media di settore, il lavoro di chitarra, sia ritmico che solista, offre passaggi pregevoli e si ha la generale sensazione di essere al cospetto di una band priva di grosse lacuna da colmare, convinta dei propri mezzi e sufficientemente elastica da non abusare di schemi triti e ritriti.
Difatti, superato il dinamitardo trittico iniziale, emergono brani di ampio respiro e che si allontanano dallo speed metal propriamente detto, corrente nella quale era facile far ricadere buona parte del materiale di “Traveler” (qui bissato negli echi priestiani di “Deepspace”). “Diary Of A Maiden” e “After The Future” mescolano impeto metallico e toccanti arie malinconiche, non chissà quanto ricercate ma pensate e interpretate con gusto e piena coscienza di quanto si sta facendo. Ottimo, qui e quando c’è da aggredire a oltranza, il cantato di JP Abboud, uno dei giovani singer cui è bene riferirsi quando si vuole scovare validi eredi dei cantanti emersi negli anni ’80. Non grideremmo ancora al capolavoro, questo no, ma se volete heavy metal di qualità, coinvolgente, eroico e battagliero, ricco di melodie enfatiche e chorus da cantare a squarciagola, coi Traveler andate nuovamente sul sicuro.