• Band: TRAVELER
• Durata: 00:38:37
• Disponibile dal: 22/02/2019
• Etichetta:
• Gates Of Hell Records
• Distributore: Audioglobe

Per quanto sia spesso relegato su etichette minori e non conti il seguito delle grandi masse, che quando sono numericamente tali hanno generalmente appetiti di altro tipo, l’heavy metal classico gode ancora di buona salute, se lo andiamo a cercare con metodi speleologici nell’underground. Si scopre così che fra le giovani generazioni il messaggio di Iron Maiden e Judas Priest sa ancora sedurre e ispirare gesta che rifuggano riletture frettolose e semplicistiche, tendendo piuttosto a cariche metalliche robuste, sanguinosamente anthemiche e che con il clangore dell’acciaio hanno una vera assonanza. Il Canada, storicamente, produce apprezzabili quantità di gruppi dalle caratteristiche appena descritte e in questo 2019 sgancia sul mercato, tramite la Gates Of Hell (costola della Cruz del Sur molto attiva in questa prima metà dell’anno), l’esordio su lunga distanza dei Traveler, collocati geograficamente nella fredda Calgary. Caldissima è invece la proposta del quintetto, strenuo difensore della fede metallica, per citare quell’approccio orgoglioso e assatanato reso leggendario dai Judas Priest negli anni di “Screaming For Vengeance” e “Defenders Of The Faith”, per non parlare di “Painkiller”. La propulsione costante e intimidatoria coglie quel bisogno di velocità smodata che è proprio del metal al suo stato primordiale, quando l’eccesso e il sovraccarico sono un must e servono a dettare comandamenti ben precisi, utili a dare piena credibilità a un gruppo. Fondamentale, inoltre, la presenza di una coppia d’asce che interagisca volentieri, così che alternandosi e sdoppiandosi in fase solista rompa l’assedio e dia corpo alle emozioni, altro frangente in cui i Traveler compiono un ottimo lavoro, perché Matt Ries e Toryin Schadlich, qui spostandosi anche su armonie maideniane, intessono trame rigogliose di idee appassionanti, colme di citazioni ma non così ossequiose da sfociare nel plagio.
I ragazzi non si fanno mancare un cantante coi fiocchi nella persona di Jean-Pierre Abboud, le cui doti si erano già manifestate lo scorso anno con “East Of The Sun” dei Gatekeeper. Un vocalist riecheggiante la tradizione nordamericana degli Harry Conklin (Jag Panzer) e Rick Hughes (Sword), per citare due fra i migliori esponenti di una scuola di singer espressivi, potenti, enfatici e rudi quando necessario. Gente di cuore e polmoni anch’essi d’acciaio, come la musica che sono impegnati a interpretare. Il traboccare d’entusiasmo, la voglia di fare di questi musicisti, unita alla compattezza e al buon bagaglio tecnico, consente di sfornare una tracklist di sicuro interesse e che ha appunto nella sua continuità il fiore all’occhiello. Il verbo del miglior metal d’assalto statunitense, striato di un nostalgico gusto melodico inglese e di svolazzi power assonanti alla scuola europea continentale, risuona stentoreo con indubbia efficacia per poco meno di quaranta minuti di disco. L’elasticità nel passare da attacchi a testa bassa ad andamenti ragionati arriverà col tempo, probabilmente, come la capacità di introdurre stacchi mirabolanti all’interno di pezzi dallo sviluppo piuttosto uniforme al loro interno. Ciò non toglie che brani come la doppietta iniziale “Starbreaker”-“Street Machine”, o lo speed metal selvaggio di “Speed Queen”, non si sentano tutti i giorni: nuovi eroi metallici crescono.