7.5
- Band: TREMONTI
- Durata: 00:43:24
- Disponibile dal: 04/29/2016
- Etichetta:
- Fret 12 Records
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Come un novello Ulisse del pentagramma, l’instancabile Mark Tremonti, non pago del successo ottenuto prima con i Creed e poi con gli Alter Bridge, ha dato vita qualche anno fa ad un progetto solista, dove dare libero sfogo alla sua vena metal senza vincoli di sorta. Stavolta però il chitarrista italo-americano si è superato, e così nei tre anni che separano “Fortress” dal nuovo album della band madre (atteso per la fine dell’anno), trovano posto ben due capitoli ‘nominali’, registrati nell’arco di una sessione particolarmente prolifica. Come sempre in questi casi, nonostante le dichiarazioni di facciata, il rischio nel secondo capitolo è quello di trovarsi di fronte a B-side rimaneggiate, ma non sembra essere il caso di “Dust”, disco che fin dalla cover riprende là dove “Cauterize” ci aveva lasciato. Musicalmente parlando, l’impressione è quella di trovarsi di fronte ad una line-up sempre più affiatata – ammirevole soprattutto il lavoro della sezione ritmica formata da Wolfgang Van Halen al basso e Garrett Whitlock alla batteria -, capace di tenere per le orecchie l’ascoltatore con un trittico d’apertura (“My Last Mistake”, “The Cage” e “Once Dead”) in grado di unire al meglio la velocità dello speed/thrash, il groove del nu-metal e il gusto melodico dell’alternative. Dopo una partenza a tutto gas, di quelle che lasciano i segni degli pneumatici sull’asfalto, ben venga un momento di quiete, soprattutto se scandito dal sempre emozionante vibrato del guitar hero dal cuore tenero: i cinque minuti della title track sono un tuffo nel passato più radio friendly, ma con la sorpresa di un’interpretazione vocale ormai quasi in grado di reggere il confronto con i singer titolari. Dopo i botti iniziali, la parte centrale della tracklist allenta leggermente la tensione, alternando i classici mid-tempo emozionali a là Creed (“Tore My Heart Out”, “Unable To See”) ad episodi più rocciosi fin dai titoli (“Betray Me”, “Never Wrong”, “Rising Storm”), anche se la sola “Catching Fire” riesce a reggere il confronto con il trittico di apertura. Tirando le somme possiamo dire che, nonostante la gestazione parallela, “Dust” si avvicina più di “Cauterize” al sound di “All I Was”, ma in termini qualitativi è paragonabile al suo predecessore rispetto all’ancora acerbo debutto. In attesa del quinto capitolo targato Alter Bridge, l’ennesima prova di spessore per il chitarrista dal multiforme ingegno, dotato anche del tocco di Re Mida in chiave musicale.