7.5
- Band: TRESPASSER
- Durata: 00:38:58
- Disponibile dal: 03/02/2023
- Etichetta:
- Heavenly Vault
Spotify:
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L’intento è chiaro fin dalla sirena antiaerea che apre il disco: una rinnovata chiamata alle armi per una delle più combattive ed esplicite formazioni antifasciste dell’ambiente black metal.
Questo nuovo “Αποκάλυψισ” (Apocalisse in greco) riprende e rinfranca quanto sentito nel precedente disco dei Trespasser; restano ancora i Marduk come faro sonoro, ma è in generale la Svezia, non a caso paese natale dei due membri della band, a mostrare la sua longa manus; con momenti più intricati che echeggiano i Dissection e certi uptempo e passaggi corali ed epici vicini ai Watain. A conferma di una forte identità musical-nazionale, questa volta i due hanno anche lavorato con Fredrik Nordström presso lo Studio Fredman: una garanzia di qualità e di risultati quasi mitici in ambito metal, con nomi che vanno da At The Gates a Dimmu Borgir. Nel complesso ci troviamo di fronte a un disco quadrato e senza attimi di cedimento; rispetto ai nomi succitati, nei momenti meno veloci le sonorità portano poi alla mente l’Est Europa e in particolare l’Ucraina, terra di notevoli band in ambito black metal da ormai diversi anni, ma anche paese natale di Nestor Makhno, il pensatore e poeta anarchico a cui i Trespasser si sono ispirati tematicamente a livello di concept generale e per i testi del loro disco precedente; mentre in questo caso, forse per una scelta (apprezzabile) di chiamarsi fuori da eventuali polemiche o strumentalizzazioni, da bravi internazionalisti, la band opta per una rilettura in chiave anarchica del Libro dell’Apocalisse: e l’intreccio tra due dimensioni tematiche così (apparentemente?) distanti prende corpo senza stupire. La dimensione più solenne, connaturata a questo, assume caratteri peculiari, come particolarmente rilevabile in “Holókaustos…”, un brano che introduce sonorità sghembe, quasi orientali, e un cantato pulito e insieme sguaiato, veramente da incitamento agli scontri di piazza. Per il resto è un trionfo di riff circolari che echeggiano battaglie e molotov, con “Hand In Hand Towards Har-Megiddo”, punto di incontro tra il black’n’roll tetragono e una discreta stratificazione delle chitarre, che intrecciano riff furiosi, power chord e scale elaborate, a sostenere un brano diretto e adrenalinico, che pure chiude su coordinate più evocative. “Flakes Of Ash” sperimenta efficacemente in territori crust/core e non a caso è il brano più breve, veloce e violento del lotto – nonostante curiosamente parta come midtempo.
C’è insomma un’identità ben precisa e solida, ma anche il giusto tasso di varietà, per una gradita conferma di impatto, qualità e credibilità da parte di uno dei gruppi alfieri del black metal antifascista.