TRIBULATION – Where The Gloom Becomes Sound

Pubblicato il 27/01/2021 da
voto
7.5
  • Band: TRIBULATION
  • Durata: 00:48:23
  • Disponibile dal: 29/01/2020
  • Etichetta:
  • Century Media Records
  • Distributore: Sony

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La strada che si snoda sotto i passi dei Tribulation non è mai stata nè scontata nè prevedibile; la musica prodotta dal quartetto di Arvika è sempre stata in evoluzione, cercando nuove sintesi affatto scontate tra vecchio e nuovo,  cambiando sottilmente pelle di album in album senza però perdere un briciolo di bravura.
Il nuovo “Where The Gloom Becomes Sound”, il terzo sotto Century Media, si inserisce perfettamente in questo percorso, mescolando le carte in tavola con destrezza: li avevamo lasciati, tre anni fa, sulle soglie di questo cambiamento con “Down Below”, in cui la fascinazione per l’oscurità trovava forma in un ibrido di death metal e melodie più classiche; li troviamo, oggi, ben oltre la soglia di esso, ad uno stadio della metamorfosi dove, pur riconoscendo gli elementi cardine del loro sound (armonie chitarristiche, voci aspre, atmosfere tetre), c’è tanto di nuovo da assimilare. I suoni sono più rarefatti (e questa sensazione si riflette anche nel minimalismo simbolico della copertina), in alcuni punti rallentati ed assorti (l’intro di “In Rimembrance”, il breve intermezzo strumentale di “Lethe”, gli stacchi sospesi che deflagrano in una cascata di riff), ma al tempo stesso vi è una maggiore ricerca di soluzioni immediate ed orecchiabili (con qualche strizzatina d’occhio ai Ghost) con cui irretire gli ascoltatori; coadiuvati da una produzione magniloquente e sempre volutamente polverosa, i Tribulation sembrano, canzone dopo canzone, togliersi una ad una le bende del sudario vampiresco di cui erano ammantati, rigenerati e desiderosi di mostrarsi ad un mondo più ampio di quello esclusivamente proprio delle creature rintanate nell’oscurità. Ecco allora che il soundwriting, pur ammiccando agli anni Settanta, si sposta radicalmente verso orizzonti più smaccatamente classici e NWOBHM, ma sempre con un tocco personalissimo ed efficace che ad esempio rende “Elementals” un piccolo gioiellino dinamitardo, “Daughter Of The Djinn” impeccabilmente concitata, evocativa e “The Wilderness” un concentrato di suggestioni epiche e ritmi incalzanti, con le chitarre di Adam Zaars e Jonathan Hultén in un ispiratissimo dialogo di assoli – attestatosi in realtà su livelli invidiabili per tutta la durata del disco. Che si parli di sezione ritmica, capace di creare una percussività quasi ossessiva (ben evidenziata nell’incedere rituale di “Inanna”) ed insieme ‘sospesa’ come nella già citata “In Rimembrance”, o amalgama delle parti, ciascun aspetto riflette gli altri e contribuisce ad irretire i padiglioni auricolari in un eterno riverberare di note – il riff portante di “Leviathans” si stampa nel cervello già al primo ascolto, per dire. Unica reminiscenza death metal rimane la voce abrasiva, sussurata e velenosa di Johannes Andersson, che però non diventa un fardello in grado di appesantire troppo il gruppo, bensì un elemento che funge da ponte tra i (bellissimi) capitoli del passato più estremo e gli esperimenti odierni.
Anche a livello tematico, “Where The Gloom Becomes Sound” si concentra su una particolare sfumatura di oscurità, non più impregnata di afflati cimiteriali ma maggiormente volta all’introspezione interiore (in musica così come nei testi), intrisa di mitologia occidentale ed orientale (l’effetto theremin su “Funeral Pyre” ne è un esempio, pur trattandosi di una distorsione particolare di chitarra) per un viaggio tra atmosfere rarefatte ed esoterismo, alla scoperta della musica di cui sono intessute nebbie e tenebre dell’inconscio. Magia degli elementi terrestri, una fitta cappa d’incenso ed un amore mai sopito per le suggestioni più dark (il titolo stesso deriva da un criptico verso del gruppo new wave Sopor Aeternus & the Ensemble of Shadows) ci accompagnano per i quasi cinquanta minuti di durata, facendoci intravedere in penombra ancora una volta l’efebica figura di Hultèn spiccare rispetto alle altre.
Ed è proprio intorno a lui che si concentra l’interrogativo che vogliamo lasciare aperto sul finire di questa recensione: è infatti dello scorso dicembre la notizia  che Hultèn, membro fondatore dei Tribulation ed autore della maggior parte del lavoro di composizione di quest’ultimo album, ha lasciato il gruppo svedese per proseguire nella propria strada. Non sappiamo, ad oggi, se “Where The Gloom Becomes Sound” sia stato una sorta di suo ‘testamento spirituale’ da lasciare alla band (molti sono, concettualmente e non solo, i punti in comune tra questo lavoro e l’opera di Hultèn solista), oppure se i Tribulation continueranno nel solco della trasfigurazione qui giunta ad uno stadio importante, maturando e rendendo ancora più solido il loro moniker, oramai da qualche tempo decisamente fuori dalla nicchia underground.
Se però sarete in grado di calarvi nelle pieghe più recondite di questo album sappiamo che ve ne innamorerete; se viceversa avete mal digerito l’abbandono degli antri più miasmatici in favore di una maggiore orecchiabilità probabilmente all’inizio lo detesterete, ma finirete comunque per dargli più di un ascolto – l’incantesimo ha forse perso potenza e livore, ma non del tutto efficacia.

TRACKLIST

  1. In Remembrance
  2. Hour of the Wolf
  3. Leviathans
  4. Dirge of a Dying Soul
  5. Lethe
  6. Daughter of the Djinn
  7. Elementals
  8. Inanna
  9. Funeral Pyre
  10. The Wilderness
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