8.5
- Band: TRICK OR TREAT
- Durata: 01:04:17
- Disponibile dal: 24/04/2020
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Difficile stabilire quale sia l’elemento peculiare più in vista del quinto full-length ufficiale (se si esclude la compilation “Re-Animated”) dei modenesi Trick Or Treat: da una parte abbiamo un concept in grado di toccare letteralmente il cuore di molti appassionati, incentrato interamente sulla celebre serie giapponese “Saint Seiya” (da noi nota come “I Cavalieri Dello Zodiaco”), e precisamente sulla saga più iconica ed amata, ovvero quelle sulle cosiddette ‘Dodici Case’. Nel contempo spicca la geniale modalità di rilascio, basata sulla volontà di rendere disponibile sul web un estratto al mese per un anno intero, ciascuno dedicato ad un cavaliere d’oro nello specifico; di conseguenza, si potrebbe dire che ogni brano dell’album sia un vero e proprio singolo, eccezion fatta ovviamente per l’intro narrato da Fabio Dessi “Ave Athena” e la conclusione acustica “Last Hour (The Redemption)”.
Si tratta di una proposta estremamente ambiziosa, nostalgica e relativamente originale, considerando anche la quantità di appassionati che la suddetta serie può ancora vantare nonostante tutti gli anni passati. Tuttavia è ben risaputo che, quando si compone un album, non basta avere l’idea di base, ma è necessario anche abbinare una componente musicale ficcante e ben curata. Fortunatamente i Trick Or Treat non ci hanno mai deluso e, a parere di chi vi scrive, si potrebbe dire che in questo caso abbiano letteralmente superato loro stessi, confezionando un’opera colma di amore e passione per il tema trattato, ma anche per il power metal in generale. Chiariamoci, tutte le loro produzioni si attestano su livelli altissimi, caratterizzate da una variazione musicale molto personale, seppur in linea con gli stilemi del power europeo: da quella verve allegra e scherzosa dei primi lavori, passando per le atmosfere malinconiche dei due “Rabbits’ Hill”, fino ad una nuova creatura in cui si è deciso di puntare su un netto incremento dell’energia (o del Cosmo, in questo caso), rendendo il tutto ancora più carico, possente ed esplosivo. E va da sé che chi ancora oggi intende il genere unicamente nella sua versione più old-school, continuerà imperterrito a non apprezzare il sound del combo emiliano.
Cominciamo la scalata al Grande Tempio con la casa dell’Ariete, presidiata dal cavaliere Mur (o Mu per chi ha letto il manga): “Stardust Revolution” è un pezzo power metal potente e stilisticamente benevolo, esattamente come il suo guardiano suggerisce, differentemente dalla sferzata di forza bruta che sopraggiunge con “Great Horn”, in compagnia di Aldebaran del Toro. Trattando dei gemelli Gemini e Kanon, “Another Dimension” assume quasi una doppia identità, riuscendo a risultare furente e positiva allo stesso tempo, e questo viene incentivato dalla presenza del vocalist greco Yannis Papadopoulos (Beast In Black, ex Wardrum), qui in veste di ospite. La più lugubre “Underworld Wave” riflette perfettamente la malvagità insita in Cancer/Death Mask del Cancro, e vale lo stesso per la ferocia elegante di Ioria/Aiolia del Leone rappresentata in “Lightning Plasma”. L’essenza classica di quest’ultima precede una “Tenbu Horin” parzialmente calma e meditabonda, ma pronta ad esplodere e divampare come il buon Shaka di Virgo insegna, facendoci peraltro tornare alla mente lo spettacolare combattimento tra il cavaliere d’oro e il temerario Ikki di Phoenix, sopraggiunto in aiuto degli altri a metà percorso.
Il sontuoso Alessandro Conti e gli altri ‘cavalieri di acciaio’, compreso il buon Alessio Lucatti alle tastiere, toccano letteralmente il più alto dei Cinque Picchi con la orientaleggiante “One Hundred Dragons Force”, il cui chorus sarebbe da annoverare tra i più coinvolgenti sentiti negli ultimi anni; il maestro Doko della Bilancia ne sarebbe fiero. “Scarlet Needle” punge come la cuspide scarlatta di Milo di Scorpio, la semi-ballad “Golden Arrow” trafigge e commuove (anche grazie alla celebre frase di Micene/Aiolos di Sagitter, prontamente inserita nel brano) e con non poche emozioni giungiamo al trittico finale. Ad una “Excalibur” più affilata dei colpi di Shura Di Capricorn, ma comunque riflessiva nei momenti in cui la sezione ritmica si placa, segue l’attesa spolverata di polvere di diamanti scagliata da Camus di Aquarius in “Diamond Dust”, che prima ci avvolge e poi ci colpisce come una tormenta gelata.
L’ultima casa è quella del vanitoso Fish/Aphrodite dei Pesci, la cui natura volutamente effeminata e ponderata si riflette nel songwriting di una traccia conclusiva cadenzata e floreale come “Bloody Roses”, che accompagna letteralmente l’ascoltatore alla fine del suo viaggio, costringendolo poi a fermarsi un attimo a riflettere sull’avventura appena vissuta.
Detto come va detto, questo attualmente è il miglior album di genere power metal uscito quest’anno e, se siete amanti del genere, vi coinvolgerà a prescindere che siate o meno degli estimatori della serie trattata; ma in caso lo foste, preparatevi a lacrimare e cantare a pieni polmoni tra un headbanging e l’altro, rivivendo così un capitolo tra i più memorabili della storia dell’intrattenimento made in Japan, per giunta realizzato con una cura musicale inaspettata e in grado di rendere ogni brano lo specchio del suo protagonista. Inoltre, non dimentichiamoci che parliamo di una band italiana, di cui dobbiamo essere orgogliosi oggi come non mai. Ben fatto, ragazzi!