6.0
- Band: TRISTANIA
- Durata: 00:48:25
- Disponibile dal: 22/01/2007
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Questa volta non ci siamo. Il famoso produttore Waldemar Sorychta (Lacuna Coil, Moonspell, Grip Inc.) in sede di regia, una “ospitata” di Vorph dei Samael in un brano, un vero quartetto d’archi al servizio della band. Tutto inutile… o quasi. I Tristania purtroppo hanno praticamente toppato, con “Illumination”. Non perchè si siano lanciati in chissà quale svolta stilistica – il disco, a livello di sonorità, appare in tutto e per tutto come il successore naturale di “Ashes” – ma perchè erano evidentemente a corto di idee quando hanno composto queste nuove canzoni. Dal punto di vista strutturale, la tracklist è molto varia: c’è il brano roccioso e trionfale con radici saldamente piantate nel vecchio gothic metal (“Mercyside”), c’è l’agile uptempo radio-friendly (“Sanguine Sky”), c’è la ballad (“Destination Departure”), oppure c’è la semi-suite lunga e progressiva (“Deadlands”). Ce n’è per tutti i gusti, in pratica. Mancano però quelle melodie e quei cori per cui i Tristania sono diventati popolari. Anzi, sarebbe meglio dire che questi elementi sono sì presenti, ma che non posseggono un briciolo del fascino di quelli contenuti nei lavori precedenti. Come dicevamo, “Illumination” è vario e ben prodotto, però concede pochi spunti veramente esaltanti. Si trascina stanco, senza avere mai troppo da dire, con idee riprese pari pari da “Ashes”, ma rilette in una veste ancora più soft, meno elaborata e assai meno ispirata. Sino a poco tempo fa, i Tristania ci investivano con ben tre tipi diversi di voci, dei cori, dei violini, un riffing e un lavoro di batteria sempre dinamici. Oggi tutto è stato ridotto ai minimi termini: le orchestazioni vengono usate pochissimo, Vibeke Stene e Osten Bergoy cantano a turno in maniera prevedibilissima e il riffing è sempre piuttosto povero, a tratti non troppo lontano da quello tipico delle miriadi di gothic rock band infatuate dei vari HIM o Lacuna Coil. Si lasciano ascoltare volentieri le prime tre tracce e piace molto la pregevole “Lotus”, colma di melodie estremamente efficaci ma mai becere. Il resto si assesta più o meno sulla sufficienza, ma ben presto viene a noia. Inutile sottolineare che la band norvegese in passato sia riuscita a fare di meglio.