8.0
- Band: TRIUMPHER
- Durata: 00:39:45
- Disponibile dal: 25/10/2024
- Etichetta:
- No Remorse Records
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Gli epic metaller greci Triumpher immettono sul mercato un seguito dello strabiliante esordio “Storming The Walls” appena un anno e mezzo dopo la sua uscita, che di fatto ha proiettato la formazione ellenica tra le avanguardie più possenti e fomentanti dell’intero panorama metal classico.
Ciò che ci aveva stupito era la perfetta combinazione di efficacia musicale e ispirazione compositiva, con delle influenze che attingono pienamente dall’inossidabile calamaio dei Manowar, aggiungendo stilemi tipici del power metal e persino del black e del doom, con un risultato finale oscuro e battagliero, ma nel contempo energico e dotato di una forte presa adrenalinica, rendendolo di fatto praticamente esente da critiche: non è facile che una formazione che irrompe di prepotenza nella cosiddetta New Wave Of Traditional Heavy Metal riesca a farlo con cotanta maestria.
Per il seguito, il presente “Spirit Invictus”, la band adotta delle soluzioni più luminose e taglienti, incrementando la componente power metal e donando al tutto una parvenza parzialmente più lineare e decifrabile rispetto al predecessore, ritenuto da alcuni anche troppo variegato o poco coerente nel suo stile. Noi non siamo d’accordo con questa descrizione, riteniamo piuttosto che una contaminazione intelligente e sensata sia alla base di un sano rilancio delle sonorità classiche, ma saremmo folli a non provare curiosità nei confronti di un approccio più focalizzato da parte di una band tanto talentuosa; anche perché non parliamo di una formazione che tira dritto per dritto, ma di musicisti che non temono di osare, inserendo anche componenti di musica ellenica, oltre alle immancabili fasi in cui il tutto si copre di una coltre oscura e accostabile a filoni ben più estremi e lugubri.
La tracklist si presenta invero relativamente breve, trattandosi solo di sette pezzi completi e dell’intro “Overture To Elysian”, dopo la quale esplode come una furia divina la opener “Arrival Of The Avenger”, sui cui rintocchi ci sentiamo come se la nostra casa fosse presa d’assalto da un intero plotone di opliti con gli occhi iniettati di sangue: quattro minuti e mezzo di collera e doppia cassa a rotta di collo, seppur con una componente melodica ferrea ed essenziale, in quanto è l’energia trasmessa a farla da padrone, soprattutto quando il cantante Antonis Vailas inizia a spremere la sua ugola mentre alle sue spalle il comparto musicale ribadisce il fatto che il power metal è una cosa seria e si può ancora suonare con classe e grinta.
Questo concetto viene reiterato anche nel seguito dell’album, come ci conferma una title-track che andrebbe letteralmente presa a modello di come un brano epico ed elettrizzante dovrebbe suonare, compreso un ritornello urlato e furente e un finale degno di una potenziale chiusura di un concerto dal vivo.
Non mancano anche le fasi più evocative, come confermato dall’ottima “Athena (1st Chapter)” o dalla più varia “Alexander”, dedicata ovviamente al celebre conquistatore, che su queste basi musicali risulta ancora più sanguinario e determinato, in particolar modo quando irrompono i blast beat e, finalmente, quell’estro black metal latente decide di prendersi la sua fetta senza fare prigionieri, prima di deviare nuovamente sul power metal più belligerante e sanguigno di “Shores Of Marathon”, anch’essa dedicata ad un importante capitolo della storia greca: la famosa battaglia contro le truppe persiane guidate da re Dario.
Con l’avvicinarsi della fase finale, la band decide letteralmente di autocelebrarsi con la canzone omonima, all’interno della quale è come se i musicisti volessero raccontare la loro nascita, avvenuta quasi dal nulla per sbaragliare tutti gli avversari e i concorrenti, il che ci fa credere ulteriormente che gli insegnamenti di Sua Maestà Joey DeMaio siano stati recepiti in maniera (anche troppo) ottimale.
Malgrado un andamento tutto sommato bilanciato molto bene tra velocità e cadenza, il gruppo decide di chiudere con un brano martellante e a suo modo sporcato di epic doom, ovvero una lunga “Hall Of A Thousand Storms” che si prodiga nell’accompagnare l’ascoltatore verso la fine, anche se non manca l’attesa accelerazione verso la metà del pezzo, resa possibile grazie ad un lavoro dietro le pelli eccellente, ad opera di un giovanissimo ed inestimabile Agis Tzokopoulos; ovviamente senza nulla togliere ad un contributo oscuro e possente da parte del trittico di asce, tutte perfettamente distinguibili e con dei compiti ben precisi, esattamente come un battaglione ben addestrato di soldati armati di lancia e scudo.
Alcuni dettagli ci impediscono di attribuire al qui presente prodotto lo stesso voto del suo predecessore, inclusa una durata che avrebbe giovato di almeno un brano in più, nonché un coraggio apparentemente minore in ambito songwriting, qui più definito e meno ricco di deviazioni, come anticipato anche ad inizio recensione.
Tuttavia, riteniamo sia uno di quei casi in cui la suddetta scelta potrebbe magari far dire “peccato!” a qualcuno, ma allo stesso tempo esaltare oltre la soglia diversi altri appassionati, magari meno inclini alle contaminazioni più incidenti.
A prescindere, rimane una delle migliori uscite di metal classico del 2024, e viene da chiederci quante altre epopee di metallica epicità questa band ci proporrà nel prossimo futuro, magari dopo un bel tour, di modo da permetterci di saggiare cotanta forza in sede live, ad un festival dedicato o di supporto a qualche formazione più grossa dalle nostre parti.