6.5
- Band: TRIVIUM
- Durata: 00.43.13
- Disponibile dal: 02/10/2015
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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I Trivium, una delle realtà più riconosciute del metal moderno e mainstream, hanno abituato il proprio pubblico a parecchi cambiamenti nel corso di una carriera prolifica, suggellata dalla recente prova da headliner al festival Bloodstock nel Regno Unito. Con la pubblicazione di “Silence In The Snow” Matt K. Heafy e soci attuano la metamorfosi più corposa di sempre, sfornando un disco che elimina del tutto le vocals in growl, ispirato nelle dichiarazioni al metal classico. Una curva a gomito simile a quella di “The Crusade”, il disco del 2006 che ha cancellato quell’associazione al metalcore che ha donato loro tanto beneficio agli esordi. Immaginate quando, al primo ascolto, assieme a Black Sabbath, Rainbow, Maiden e Priest si notano citazioni dal power metal di stampo europeo: è davvero sostenibile una manovra tanto azzardata? Per chi scrive potrebbe esserlo se l’ugola di MKH fosse davvero eccezionale, ma non è così. Dopo anni di screaming il cantante dei Trivium si è trovato di fronte ad un cambiamento forzato a causa di problemi alle corde vocali. Il frontman ha studiato con uno dei migliori vocal coach a livello mondiale (Ron Anderson, maestro di Axl Rose, Chris Cornell e M. Shadows) ed è migliorato esponenzialmente ma, a parere di chi scrive, per far brillare certi brani e supportare il grandeur e l’epicità di determinate ambientazioni è necessario un fuoriclasse e il ventinovenne Heafy, nonostante l’impegno profuso, fa la figura del ‘Blaze’ di turno: un buon cantante che non è del tutto all’altezza della situazione. Non si tratta della sola estensione vocale, ma anche di linee canoniche e soluzioni non sempre brillanti, che vanno ad ingessare ancora di più un frontman che è sempre apparso troppo impostato agli occhi dei detrattori. “Silence In The Snow” non è comunque un fallimento, semplicemente perché le qualità di scrittura del terzetto MKH/ Gregoletto/ Beaulieu sono rodatissime e fuori discussione, sia all’interno della zona di comfort che quando sconfinano in territorio true metal: particolarmente ben riuscite sono la title track e la melodica “The Ghost That’s Haunting You”, oltre alle strizzate d’occhio a Metallica e Pantera in “Breath The Flames” e “Dead and Gone”. In generale siamo di fronte alla solita solidissima prova chitarristica sia per il riffing che per le parti soliste, amplificata da ottime costruzioni e da quel senso di immediatezza che va riconosciuto alla band sin dagli esordi. Portando avanti lo storico paragone coi coetanei se il tributo ai classici è riuscito decisamente meglio agli Avenged Sevenfold la svolta melodica è venuta molto peggio ai Bullet For My Valentine. I Trivium di “Silence In The Snow” stanno nel mezzo, con una prova coraggiosa, decisamente a fuoco ma penalizzata in un aspetto fondamentale. Continuiamo a sperare in un altro “Shogun”.