7.0
- Band: TULUS
- Durata: 00:31:10
- Disponibile dal: 06/03/2020
- Etichetta:
- Soulseller Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Per parlare dei Tulus bisogna partire da qualche dato storico: la band di Sarke e Blodstrup/Gard è infatti attiva dai primissimi anni’ 90, epoca che sappiamo bene essere d’oro per il black metal norvegese; tra il 1996 e il 1999 il gruppo di Oslo dà alle stampe tre buonissimi lavori, che hanno la sfortuna di uscire in leggero ritardo rispetto ai capolavori della cosiddetta prima ondata. Con il nuovo millennio il progetto viene messo in standby e i due danno vita ai Khold, dediti a sonorità simili anche se più moderne e non prive di simpatie verso l’industrial (come vari altri in quegli anni). L’intreccio non è finito, perchè Sarke dà vita – nel 2009 – ad una band omonima, nella quale militano tra gli altri Nocturno Culto dei Darkthrone e Crowbel, bassista degli stessi Tulus e Khold. Questi avvicendamenti ci spiegano le pause nella discografia dei Tulus, che non corrispondono però a uno stop dei componenti dalla musica.
Per chi conosce queste band il sound di “Old Old Death” non sarà quindi una sorpresa, anche se registriamo una decisa virata verso il black’n’roll e una produzione abbastanza leggera. Addirittura “I Havet Hos Rån” ha un incedere danzereccio, sicuramente piacevole, soprattutto perché contrapposto a momenti lenti e sulfurei. Il basso svolge anche questa volta un ruolo fondamentale, vedi soprattutto “Folkefall” e “I Hinmannens Hånd”, brani più complessi e meno diretti rispetto alla prima parte del disco. L’ombra dei Satyricon – sia vecchi che più recenti – aleggia di tanto in tanto (“I Hinmannens Hånd”) ma nonostante questo il disco scorre in maniera piacevole, complici i cambi di tempo e alcuni dettagli che dimostrano come i norvegesi non siano certo dei novellini in fatto di songwriting, né dei grezzi semplicioni. In chiusura un altro pezzo più lento e scuro, “In Memoriam”, costruito su un riffing ossessivo, per quanto non cupissimo.
Insomma un buon disco, godibile e sufficientemente vario da non annoiare, ennesima prova di una formazione che pur mancando il capolavoro tiene alta la media della propria produzione.