7.5
- Band: TUNGSTEN
- Durata: 00:42:37
- Disponibile dal: 08/11/2024
- Etichetta:
- Reigning Phoenix Music
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“Hush little baby, don’t you say a word, mommy’s gonna push you into the herd.
And if that herd doesn’t send you to the sky, mommy’s gonna tell you your last goodbye”
In modalità tormentone estivo, è il refrain di “Lullaby” uno degli elementi pop del qui presente “The Grand Inferno”, quarto lavoro degli svedesi Tungsten, band in formato famiglia che vede nel batterista Anders Johansson (ex drummer di Hammerfall e Yngwie Malmsteen’s Rising Force) guidare i propri figli Karl (basso e tastiera) e Nick (chitarra), a supporto del cantante Michael Andersson.
Il gruppo scandinavo propone sin dall’album d’esordio, “We Will Rise” del 2019, un solido power metal roccioso e sinfonico con lo spiccato senso di apertura verso lidi più moderni, industrial e, appunto, pop rispetto alla matrice classica del genere.
L’odierno “The Grand Inferno” si pone quindi come il completamento, o se vogliamo come un nuovo passo avanti nei confronti di questa continua ricerca di mescolare passato e presente, costruendo una sorta di passaggio del testimone tra la vecchia scuola (papà Johansson) e la nuova generazione (ormai trentenne, a dir la verità). E se, doveroso ammetterlo, i dischi precedenti non ci avevano fatto impazzire, mostrando solamente qualche segnale interessante, che andasse al di sopra della normalità e fermandosi ad uno scontato ‘senza infamia e senza lode’, nel nuovo album dobbiamo riconoscere le qualità dei Tungsten, abili a costruire una serie di brani, quanto meno sino a “Walborg”, completi e convincenti nella loro varietà.
Si parlava di modernità qualche riga sopra ed è proprio l’opener “Anger” che va a certificare il timbro portante dell’intero album, con il suo suono pesante condito da elementi industrial e groove e, di contro, da un ritornello tanto melodico quanto orecchiabile, aggiungendo così un sorprendente contrasto con l’intensità più rude delle strofe.
Un primo capitolo che viene prontamente livellato da “Blood Of The Kings”, classica canzone power dall’incedere roccioso e sinuoso (la voce di Andersson si destreggia bene in questo senso), anticipando la già menzionata “Lullaby”, affascinante per il suo testo malignamente onirico oltre al suo refrain da ‘disco-baby’ metal. E ancora, come in un perfetto ottovolante, spetta alla title-track riportare il termometro dell’intensità sui binari dell’epicità più genuina e classica, chiamando in causa la matrice scandinava del genere, inserendo un assolo che rimanda ai tempi di quel “Destiny” a firma Stratovarius.
L’altalena di chiaroscuri si chiude con il pezzo più pesante di “The Grand Inferno”: “Falling Apart” si apre infatti con una martoriante sezione ritmica industrial-core, esplodendo in un arioso refrain possente ed armonioso, sottolineando così la spinta versatile della ditta Johansson & Andersson.
Tali capacità si riflettono anche nella seconda parte del disco, pur con meno veemenza e clamore: se “Vantablack” stecca infatti per una certa monotonia lirica, è “Chaos” a fare la voce grossa, grazie alle sue voci inquietanti che descrivono il caos del mondo, alle quali fa da contraltare un ritornello positivo e speranzoso, anch’esso di facile memorizzazione.
Insomma, quello che si presentava come un dischetto da ascoltare con il giusto piglio ma senza grosse aspettative, si è invece rivelato come una buonissima scoperta, mettendo così i Tungsten sul gradino dei gruppi da tenere sott’occhio in vista dei prossimi lavori.