TYPE O NEGATIVE – Slow, Deep And Hard

Pubblicato il 01/03/2020 da
voto
9.0
  • Band: TYPE O NEGATIVE
  • Durata: 14/06/1991
  • Disponibile dal: 00:58:39
  • Etichetta:
  • Roadrunner Records
  • Distributore: Warner Bros
Streaming non ancora disponibile

Terminata l’avventura a nome Carnivore e persi per strada i compagni del tempo, Peter Steele non si dà per sconfitto, convinto di avere ancora parecchio da dire ma senza mai cedere alle lusinghe di una proposta di facile presa e troppo incasellabile come genere. È il 1989, quando il gigante di Brooklyn riallaccia i rapporti con il vecchio amico Josh Silver – ebreo, tanto per rimarcare l’assurdità di accuse di filonazismo verso Steele -, già suo sodale nei Fallout, una band che era stata qualcosa di più della prima incarnazione dei Carnivore e la cui unica pubblicazione mostrava un gusto apocalittico e atroce che superava forse le intenzioni dei Carnivore stessi. Probabilmente i tempi non erano maturi, nel 1981, ma a distanza di quasi dieci anni i due amici decisero di sbattersene ulteriormente, rincarare la dose di cinismo e iconografia discutibile per formare i Repulsion; presi a bordo il tuonante batterista Sal Abruscato e il chitarrista Kenny Hickey, perfetta integrazione al basso potente e solista di Steele, i quattro pubblicano il demo “None More Negative”: sfondo verde, caratteri minimali, l’iconico simbolo dello Zero Barrato. Dureranno pochi mesi, ma questi sei brani, rivisti e corretti porranno le basi dei Type O Negative e del loro dirompente esordio, ossia “Slow, Deep And Hard”. Il titolo è tutto un programma, e oltre a rifarsi sarcasticamente all’immagine di copertina e all’uso della parte coinvolta (parliamo di un primo piano sgranato del pube di Peter…), esprime perfettamente il contenuto musicale: lento come i caposaldi del doom, profondo e doloroso come il diario di un depresso, duro e violento come il miglior hardcore newyorchese, di cui la band conserva tracce in numerosi e furiosi passaggi di chitarra e nel d-beat a cui ricorre qua e là Abruscato.
“Slow, Deep And Hard” è un vero e proprio manifesto, un album che al tempo divise senza mezze misure i detrattori totali – la maggioranza – e i cultisti assoluti, con non solo il ‘nostro’ Scaruffi, ma anche diverse testate che con il metal flirtavano poco, a eleggerlo immediatamente ad album metal definitivo. Per estetica, per assenza di compromessi, per la violenza sonora inedita e fuori dal tempo che metteva in campo. I sei brani che lo compongono, più l’intermezzo “The Misinterpretation Of Silence And Its Disastrous Consequences”, sono un’opera complessiva e interconnessa che esprime fragilità emotive e tragedie umane, nascoste dietro episodi di ‘banali’ abbandoni o invettive da suprematisti; ma l’Io interiore e il dolore delle esperienze quotidiane che trasudano da questa ora di ascolto sono stati raramente toccati allo stesso modo.
Si parte con il suono di un allarme nucleare, su cui poi si inserisce subito imponente il basso – una formula, quella dei rumori seguiti da una linea forte sulle quattro corde, che guiderà l’avvio di tutte le tracce. La prima storia raccontata è quella di un tradimento e il dolore alcolico e straziante che accompagna Peter Steele in prima persona, con tanto di cori da tragedia greca, sulle note di “Unsuccessfully Coping With The Natural Beauty Of Infidelity”; uno dei titoli più belli della storia, riassunto nel (finto) live a seguire come “I Know You’re Fucking Someone Else”, che è poi il ritornello della canzone. Un brano che intreccia hardcore nelle ritmiche iniziali, crescendo di tastiere e momenti più intimisti, tra passaggi di chitarre acustiche e i primi vocalizzi profondi a cui Steele ci abituerà negli anni a venire; oltre ai frequenti ‘UH!’, unici potenziali concorrenti, in tal senso, di Tom G. Warrior. E c’è anche la prima comparsa del cosidetto coro delle voci lesbiche, altro marchio di fabbrica sarcastico della band. Un episodio che con i suoi monumentali tredici minuti di durata contiene già tutta la Weltanschauung dei Type O Negative, resa ancora più chiara dalle seguenti “Der Untermensch” e “Xero Tolerance”. Due invettive che hanno come tema, rispettivamente, i parassiti sociali e la descrizione di un femminicidio pianificato di cui pochi comprendono l’ironia, rinverdendo le polemiche scaturite da una precedente collaborazione tra Steele e gli Agnostic Front (per il testo di “Public Assistance”) e rendendo la band un gruppo di paria contro cui puntare il dito, in quanto evidenti fascisti e sciovinisti. Il secondo brano citato è particolarmente pregno dal punto di vista musicale, con la prima trasfigurazione in organo delle tastiere di Josh Silver, che con il loro impagabile fascino morboso fanno da contrappunto perfetto alle taglienti chitarre e al beat serrato.
Tutto il disco può sembrare al primo ascolto un accostamento di ritmiche e melodie talmente distanti all’interno dello stesso brano da non avere logica, ma in realtà ogni traccia è volutamente suddivisa in arie e movimenti, ben scanditi dai clangori, dalla comparsa in primo piano del basso o dai ritmi rallentatissimi che esplodono sui ritornelli con furia. Ne è riprova perfetta, a metà dell’ascolto, “Prelude To Agony”, il brano che forse mostra maggiormente la direzione futura, tra sospiri, chitarra ultra-zanzarosa e cadenze sabbathiane, trasfigurate al nero assoluto, dove il finale scarno richiama sempre l’humus di origine, ma guarda anche al doom più dilatato e atonale. Segue una traccia strumentale improbabile, atipica anche nel titolo (“Glass Walls Of Limbo (Dance Mix)”), a metà strada tra rumori industrial e atmosfera gotica, a tratti spaventosa. E come può stupire, dopo un brano minimale, una band così poco votata ad accattivarsi il pubblico? Ovviamente con un insensato fruscio di settantacinque secondi dal titolo nuovamente altisonante: è la già citata “The Misinterpretation Of Silence And Its Disastrous Consequences”, l’apice di un atteggiamento provocatorio degno di John Cage. Il finale è più vicino al sound selvaggio dei Carnivore, ma l’apporto di Silver e Hickey è quasi progressive, specie paragonato al passato; e soprattutto è la disperazione a prendere il posto della ferocia. ‘1, 2, 3, 4 – I don’t want to live no more’: come iniziare in maniera più esplicita l’epitaffio di un disco che parla di morte, dolore, rabbia e sesso? Il coro centrale di “Gravitational Constant: G = 6.67 x 10⁻⁸ cm⁻³ gm⁻¹ sec⁻²”, sussurrato, lievemente poggiato sui tom primitivi di Abruscato, è puro intimismo, così come il ritorno di Steele in versione officiante oscuro, col supporto dei ficcanti accordi di tastiere, che chiude la traccia e l’album straziandoci. Seguiranno cinque album, tra cui almeno un altro capolavoro, ma l’unicità dei Type O Negative era già tutta presente qui.

TRACKLIST

  1. Unsuccessfully Coping With The Natural Beauty Of Infidelity
  2. Der Untermensch
  3. Xero Tolerance
  4. Prelude To Agony
  5. Glass Walls Of Limbo (Dance Mix)
  6. The Misinterpretation Of Silence And Its Disastrous Consequences
  7. Gravitational Constant: G = 6.67 x 10⁻⁸ cm⁻³ gm⁻¹ sec⁻²
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