6.5
- Band: U.D.O.
- Durata: 00:53:59
- Disponibile dal: 25/08/2023
- Etichetta:
- Atomic Fire
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L’intramontabile Udo non vuole arrendersi al passare degli anni e si ripresenta ancora una volta con una carica che non si può ignorare. Certo, l’ispirazione è ben lontana da quella degli anni d’oro, ma nessuno, a dire il vero, oggi si aspetta i miracoli da un artista che ha dato tantissimo alla scena heavy metal; i suoi Accept hanno scritto i fondamenti della musica che tanto amiamo e la sua carriera solista ha comunque continuato a costruire un percorso solido, tale da fargli meritare un rispetto, da parte di colleghi e fan, invidiabile. E in questo disco può riabbracciare il bassista Peter Baltes, ex Accept appunto, entrato prima in punta di piedi, aiutando la band durante alcune date live, per poi essere confermato in pianta stabile per la gioia di tutti i sostenitori della storica band teutonica.
La voce unica e inconfondibile di Udo Dirkschneider è ovviamente ancora la caratteristica fondamentale che accompagna i tredici brani che compongono “Touchdown”, ai quali non manca certo una dose massiccia di adrenalina che colpisce duramente e costantemente, in particolare durante la partenza con tracce come “Isolation Man” e la possente “The Flood”. Un’ugola vibrante che completa quindi un sound forgiato su riff possenti e assoli rapidi ad opera del duo alle sei corde formato da Dee Dammers e Andrey Smirnov, ai quali si aggiunge come ospite un altro ex Accept come Stefan Kaufmann, anche batterista ma qui impegnato alle chitarre. Pezzi vibranti, ma non sempre incisivi, colpa di un songwriting un po’ ripetitivo che solamente in certi casi si discosta dalle solite soluzioni destando così interesse. Parliamo della fase centrale, quando si arriva ai ritmi scroscianti di “Fight For The Right”, che non inventa nulla di nuovo ma si esalta su un ritornello tutto da cantare, e subito dopo con la power-song “Forever Free”, dalle linee vocali più immediate e quasi spensierate. E poi l’esplosiva title-track, posta in chiusura, che corre rapida sospinta dai ritmi forsennati alla batteria da parte di Sven Dirkschneider, figlio d’arte, e da chitarre mai dome. Ciò mantiene nei giusti binari un disco che in altri momenti incontra, come detto, qualche brano piuttosto ‘skippabile’, vedi la possente ma poco incisiva “Punchline” e “The Betrayer”, la quale sperimenta sonorità moderne e oscure che non sembrano trovare il giusto equilibrio con il classico heavy teutonico.
Un lavoro dunque compatto e scolpito nella roccia con tredici brani massicci, seppur fin troppo lineari e prevedibili. Udo porta a casa un’ulteriore meta a proprio favore con questo “Touchdown”, a dire il vero più di esperienza che di finezza; ma sempre sei punti vale, direbbero oltreoceano gli appassionati di football americano.