7.5
- Band: UADA
- Durata: 00:41:46
- Disponibile dal: 08/09/2023
- Etichetta:
- Eisenwald Tonschmiede
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Più passa il tempo e più il percorso artistico degli Uada sembra impegnarsi per suscitare reazioni contrastanti da parte del pubblico e della critica, tra chi continua a vedere nell’operato gruppo statunitense una delle massime espressioni del filone melodic black metal contemporaneo e chi, al contrario, taccia il quartetto dell’Oregon di essere una copia edulcorata e supponente di vari totem degli anni Novanta (Dissection) e Duemila (Mgła).
Un trend consolidatosi nell’arco di una discografia che comunque – preso atto della natura fortemente derivativa dei suoi primi passi (l’esordio “Devoid of Light” e il successivo “Cult of a Dying Sun”) – ha sempre saputo attestarsi su livelli qualitativi pregevoli, riuscendo poi a svincolarsi dall’influenza dei maestri e a focalizzarsi sulla costruzione di un suono più indipendente e personale grazie all’arioso “Djin”, apice di un affinamento melodico diventato ormai inconfondibile. Nel 2023, bastano infatti pochi secondi per riconoscere un pezzo degli Uada, e questo – di per sé – è un elemento di cui non si può non tenere conto, specie se lo si contestualizza in un panorama spesso ostinatamente legato a logiche revival.
Detto questo, è innegabile come Jake Superchi e compagni stiano progressivamente (e coscientemente) snellendo il corpo della loro proposta, in un processo di semplificazione che, oltre a fornire nuovi assist ai detrattori, potrebbe anche lasciare interdetto qualche fan di lunga data, almeno di primo acchito.
Per comprendere “Crepuscule Natura” e godere appieno del suo contenuto è quindi necessario accettare la sfida dei Nostri, giocando alle loro regole e concedendo il giusto tempo ai brani per crescere, sedimentarsi nella memoria e spiegare le ali in quello che si presenta come un terso cielo notturno, fiduciosi del fatto che lo ‘sforzo’ sarà ricompensato da un’esperienza degna di questo nome. Una speranza che diventa fortunatamente realtà con l’avanzare del numero di fruizioni, quando gli arrangiamenti curatissimi e i dialoghi vivaci e costanti fra le chitarre – sempre più debitrici di certo classic metal – portano a raccogliere una serie di frutti maturi e levigati, i quali asciugano le strutture degli ultimi due full-length incanalandole in un alveo sonoro meno euforico e furioso.
Da un lato, si è quindi risolto il problema della verbosità riscontrabile in taluni episodi passati; dall’altro, si è persa un po’ di quella spinta catartica e trascendentale che aveva reso “Snakes & Vultures” o “The Great Mirage” dei fiumi in piena, ma il compromesso – approcciandosi a cuore aperto all’incedere roccioso della title-track, alle fughe armoniose di “Retraversing the Void” o alle costruzioni epiche di “Through the Wax and Through the Wane”, di sicuro il brano che più si ricollega al vecchio repertorio – è di quelli che centrano ugualmente l’obiettivo, non mancando di ribadire la poetica e la creatività dei musicisti coinvolti, bravi a sposare la politica adottata con un songwriting distinto.
Detto infine del solito, suggestivo artwork di Kris Verwimp (Absu, Enthroned, Marduk) e di una produzione ottima, la migliore nella carriera della band americana, il consiglio resta quello di vivere “Crepuscule Natura” più con la pancia che con la testa, lasciandosi riempire i polmoni da arie ossigenate che sanno davvero evocare quelle di una foresta del Pacific Northwest, magari dopo una delle prime piogge autunnali. Morbidi sì, ma sempre con un occhio rivolto all’efficacia dell’insieme.