7.5
- Band: UFOMAMMUT
- Durata: 00:17:46
- Disponibile dal: 31/10/2023
- Etichetta:
- Supernaturalcat
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A poco più di un anno di distanza da “Fenice”, disco che andava ad inaugurare un nuovo corso per gli Ufomammut dopo la separazione dallo storico batterista Vita, il trio tortonese si riaffaccia sul mercato con un EP dai contenuti ben più massicci e irruenti del disco edito nel 2022. Con “Fenice” la band andava a riprendere un tipo di approccio più minimale e ridotto all’osso tipico dei suoi primi lavori, accantonando il roboante, pesantissimo sludge/doom di “Ecate” e “8”. La via pareva tracciata, stando anche a dichiarazioni dei musicisti stessi, più soddisfatti di dedicarsi in quel momento a materiale dalle fattezze più pacate di quello dei dischi appena precedenti. È quindi con un pizzico di sorpresa che veniamo investiti dalle mareggiate elettriche di “Crookhead”, che in sole tre tracce e meno di venti minuti va a rimettere gli Ufomammut sul quadrante di un combattimento titanico a colpi di watt esorbitanti, fuzz ridodante, obesità varie su tutto il fronte sonoro e una sete di annichilimento uditivo ben percepibile.
Chi scrive, pur apprezzando abbastanza lo scorso album, vi aveva trovato un’ispirazione meno vibrante e funambolica di quella apprezzata poco prima, mentre il primo approccio con “Crookhead” è stato proprio di tutt’altro tipo: si avverte immediatamente una lucida ferocia, una necessità di alzare il volume e travolgere, contando comunque sulle piccole novità dell’ultimo periodo. È quindi importante il contributo dei sintetizzatori, anche se il tappeto lisergico di “Fenice” pare già un ricordo, ed è ancora più variegato il lavoro sulle voci, con Urlo che di anno in anno, complice anche il suo progetto The Mon, sta trovando una quadratura sempre più convincente tra voci pulite e le sue classiche, appunto, ‘urla’. Inoltre, l’ultimo entrato in formazione, il batterista Levre, stavolta si esprime con un tocco erculeo più assimilabile a quello del suo predecessore, così da confezionare un prodotto che sembra la naturale prosecuzione del discorso interrotto nel 2017.
La title-track in apertura è proprio il classico elefante imbizzarrito e con punte di nevrosi che siamo soliti associare agli Ufomammut più sferzanti, il brano tracima dinamismo e oltre a innalzarsi tentacolare e iracondo, ci spara addosso delle stranianti divagazioni psichedeliche, di quelle violente e taglienti che potrebbero piacere a gente come gli Oranssi Pazuzu. Sia negli assalti più urgenti, che nei rallentamenti meditativamente doom, esce tutta la brillante possenza della formazione, che rispolvera appieno il suo miglior arsenale e non si fa problemi a usarlo alla piena potenza.
Più cadenzata e ondivaga, ricordando i tempi dei due “Oro”, la seconda “Supernova”, che nei mantra scanditi da Urlo tende un filo d’acciaio con l’ottimo secondo album di The Mon, “Eye”. In “Vibrhate” esce addirittura un approccio ‘ignorante’ e metallico che guarda allo sludge primordiale, privo di abbellimenti e sovrastrutture, un’idea novantiana di queste sonorità, anche se pure in questo caso le lame dei sintetizzatori si fanno sentire e fanno virare alcuni frammenti della traccia in un sogghignante delirio.
“Crookhead” rilancia in modo sicuro gli Ufomammut e, trattandosi di un’anticipazione della direzione del nuovo album, previsto per il 2024 possiamo attendere con una certa positività le mosse future del terzetto piemontese.