8.0
- Band: UFOMAMMUT
- Durata: 00:45:54
- Disponibile dal: 30/03/2015
- Etichetta:
- Neurot Recordings
- Distributore: Goodfellas
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Settimo album. Settimo sigillo. Settima meraviglia. Settima opera che consolida la leadership della band italiana nell’Olimpo degli dei della musica pesante. Gli Ufomammut con “Ecate” ritornano ai fasti di un tempo, quando divennero una realtà consolidata grazie a quel capolavoro di psycho doom che è “Snailking”. Ritornano con sette canzoni che lasciano di pietra l’ascoltatore per la carica evocativa e l’energia quasi divina che sprigionano. Ritornano con nuove armi cariche di psicotico e psicotropo doom magico, come solo loro e pochissimi altri sanno scrivere. Siamo al cospetto del loro lavoro forse più completo e maturo. L’album della consacrazione definitiva. “Ecate” si presenta all’appuntamento per divenire storia e di storia parla. O meglio i sette movimenti tellurici parlano di epica. Un epica che narra le gesta di Ecate, dea viaggiatrice che accompagna gli uomini nel regno dei morti. Ed epica è la pischedelia avvolgente con cui il trio apre le danze con “Somnium”, mantra quasi lisergico che parte con effetti elettronici salmodianti e perpetui per esplodere in deflagranti schegge di doom catacombale e drogato. Non è sonno, ma risveglio della statua ecatiana da un lungo riposo che non sarà eterno. La forza degli Ufomammut in questo album, sta nell’essere dinamici in modi sempre diversi, come una spirale ipnotica, creando paesaggi sonori di volta in volta nuovi con materia che conoscono alla perfezione. Non cadono nello scontato o nel già sentito. I suoni sono mirati e la produzione del sempre fidato Lorenzo Stecconi risalta quel tocco di magia ed appunto misteriosa storicità che si respira in “Plouton”. Incedere Seventies con una chitarra quasi blues nell’intenzione, sorretta da echi ed effetti provenienti da galassie cosmiche impazzite. Ed è anche il pezzo più breve dell’album ma sarà quello che in sede live creerà l’ headbanging più sfrenato. “Chaosecret” è un mantra sciamanico , che parte piccolo, quasi in sordina, come se Ecate volesse sedurvi lentamente e lentamente vi prenda la mano per accompagnarvi nel regno dei morti. La voce è quella della dea che salmodia un rituale ipnotico di psycho doom quasi stoner. Caldo, avvolgente, che rassicura e coccola. Ma è solo apparenza. Un ‘apparenza che inganna in esplosione improvvisa di malefica e quasi demoniaca psichedelica sludge. “Temple” non da tregua a chi ormai è completamente ammaliato da questo album. L’incedere ritmico è un martello che picchia perenne su un metallo non ancora fuso, è una goccia come nella miglior tradizione della tortura cinese che penetra pelle, cranio fino ad arrivare a corrodere sinapsi e terminazioni nervose. Ma è una tortura a cui non si può fare a meno. Come la conclusiva “Daemons” un cantico di creature demoniaco che imbracciano strumenti e tessono odi e lodi alla dea Ecate. Cercare dei paragoni con altre band per descrivere la musica contenuta in “Ecate” sarebbe controproducente e sterile. La musica degli Ufomammut evoca e suggestiona. La musica in “Ecate” è una droga che agisce sulla psiche. Ascoltare questo album crea dipendenza e regala visioni. Sarà difficile ripetersi dopo questo piccolo gioiello che non solo di note è forgiato ma creato anche da colori oscuri che dipingono il volto in bellezza eterna di una dea. Poia, Urlo e Vita sono i menestrelli che accompagnano Ecate nelle sue peregrinazioni tra la vita e la morte e lei, immortale tra i mortali, non può che desiderare compagni più veri e devoti.