7.5
- Band: UFOMAMMUT
- Durata: 00:44:28
- Disponibile dal: 17/05/2024
- Etichetta:
- Neurot Recordings
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La nuova era degli Ufomammut, inaugurata da “Fenice” e proseguita con l’EP “Crookhead”, prosegue tra pesantezza elefantiaca e aperture psichedeliche con il decimo disco della formazione tortonese, “Hidden”.
Se “Fenice” aveva rappresentato una parziale abiura del percorso intrapreso con gli ultimi, superheavy lavori, a favore di uno stile più scarno ed essenziale, già “Crookhead” – EP qui rappresentato dalla ripresa della sua title-track, subito in apertura – aveva rimesso il trio sui sentieri che più gli vanno a genio, a nostro avviso. Anche se, è bene ricordarlo, il cambiamento verso una maggiore dose di introspezione e quiete non è rimasto un binario morto: si vanno quindi a riprendere le buone cose espresse dal cantante Urlo nel suo progetto solista The Mon, con le nuove composizioni che amalgamano lo strano cantautorato neofolk/ambient/elettronico di “Eye” allo sludge apocalittico degli Ufomammut, creando così un connubio dai riferimenti certi, dai punti di approdo che possono suonare almeno parzialmente inediti.
L’opener, parzialmente rivisitata e leggermente allargata rispetto alla versione dell’EP, suona veramente come una delle cose più feroci, articolate e stralunate partorite dal terzetto piemontese, rassicurandoci sul fatto che la dimensione introspettiva di “Fenice” fosse solo una pausa per rifiatare, un momento di riordino di idee e inaugurare un nuovo corso che, ci sembra, non ha ora legami così deboli col passato.
Ecco, se vogliamo, quell’apparire più rock ed essenziale di “Fenice” può risaltare fuori in un respiro melodico più arioso, nella sfrontatezza di alcuni riff, dei quali si riconosce un’animosità primordiale, sotto l’usuale, debordante, coltre di fuzz. Gli Ufomammut di “Hidden” potrebbero quindi essere un immaginario ponte tra quelli titanici di “8” ed “Ecate” e la linearità dell’ultimo disco, con il tocco delirante di The Mon.
Vale la pena sottolineare il contributo dei sintetizzatori, sempre più centrali e funambolici nel dare spessore e un nuovo tipo di irrequietezza al suono della formazione, che può scatenarsi in valanghe sonore dal taglio quasi ‘ignorante’, se paragonato a certe opere passate: eppure, lo fa sempre con un tocco tutto suo e difficilmente confondibile con altro, come nell’apertura belligerante di “Kismet”.
L’attenzione per un’interpretazione più elastica e varia della voce va di pari passo a una formula sonora camaleontica, che può farsi sinuosa e avvolgente, abbassando il carico di watt e rumore: si senta in questo caso l’andamento ipnotizzante e dai tratti sciamanici di “Mausoleum”, con dei synth sornioni a prendere possesso del brano nella sua seconda metà, la voce di Urlo a scandire calma le parole del testo.
I momenti di pace sono il più vistoso punto in comune con “Fenice”, in questo caso inseriti in un suono più ricco e dettagliato anche quando, e non succede di rado, si stemperi l’irruenza e ci si culli in nuvole di meditazione, come nelle rallentate, psichedeliche burrasche della terminale “Soulost”; traccia, quest’ultima, ancora più affine di altre alle peregrinazioni soliste di Urlo.
L’album, nel suo discorso roboante e mistico assieme, funziona, con una continuità narrativa e un filo conduttore nell’intera tracklist inconfondibilmente di fabbrica Ufomammut. La scrittura torna ad essere vibrante e limacciosa come ad appena prima di “Fenice”, anche se non tutti i brani funzionano alla stessa maniera, con l’opener, “Kismet” e “Mausoleum” a risultare più brillanti delle altre tre; non sono vere e proprie riserve le nostre, quanto una constatazione di come il disco sia ben riuscito ma inferiore ad altri episodi della discografia del gruppo.
Poia, Urlo e Levre restano un’istituzione della scena sludge-doom internazionale e anche “Hidden” ne conferma pienamente lo status.