7.0
- Band: ULSECT
- Durata: 00:42:38
- Disponibile dal: 12/05/2017
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Non abbiamo fatto in tempo a salutare con favore il secondo parto discografico dei Dodecahedron, “Kwintessens”, che arriva alle nostre orecchie l’opera prima di una costola del temibile combo di Tilburg. Gli Ulsect sono infatti capitanati dal chitarrista Joris Bonis e dal batterista Jasper Barendregt, cui si aggiungono il bassista Dennis Aarts, in passato membro dei Textures, l’altro chitarrista Arno Frericks e il cantante Dennis Maas. Le intenzioni sono grosso modo quelle della band di provenienza di Bonis e Barendregt, ossia circondare l’ascoltatore di una tempesta di paranoie, angosce, tumulti labirintici dosati con tecnica di altissimo profilo e un’attenzione maniacale per dinamiche in costante divenire. Se i Dodecahedron si connotano per un suono frastagliato, disturbante, pieno di contaminazioni ed effettistica, gli Ulsect sono meglio inquadrabili, afferenti a quel death metal del nuovo millennio che ama muoversi nel buio e imbeve il suo campionario di brutalità intelligenti di panegirici neurosiani, che alterano percettibilmente il senso del discorso. Accade così che quest’esordio eponimo debba moltissimo agli Ulcerate e quindi, andando alle origini di un certo tipo di discorso, ai Gorguts. Ma sono appunto i lanciatissimi deathster neozelandesi ad essere richiamati persistentemente, a partire da un drumming dettagliato e fantasioso che si avvicina spesso e volentieri a quello del celebrato Jamie Saint Merat. Negli intrecci chitarristici virati costantemente al nero apprezziamo la metodica alternanza di arpeggiati gelidi e riff densissimi, che si spiegano serrati e martellanti oppure lunghi e doom, per poi aprirsi a intervalli regolari in oasi di finta quiete, preda di dissonanze ondulanti e feedback sinistri. Le manipolazioni dell’ambient così ben promulgate nei Dodecahedron sembrano comparire quando i ritmi si allentano e saliscendi ipnotici prendono il posto di groove rigorosi ed estremamente mobili, che creano quel pizzico di reiterazione necessario a rendere più digeribile una proposta non propriamente volta all’apprezzamento disimpegnato. Il talento visionario dei ragazzi olandesi si esplica allora in composizioni che pur annoverando innumerevoli stratificazioni, cambi di tempo, tempi contorti e malata visionarietà, non derogano da una sana botta di suono e non mancano di picchiare duro in modalità relativamente più spicce. Va in questa direzione anche la ricerca di linee vocali intelligibili e mediate fra growl e urlato post-hardcore, che fa segnare un risultato magari non originalissimo ma non privo di immediatezza. Il disco nell’insieme funziona e chi apprezza il lato avanguardistico del death metal avrà di che divertirsi. Tuttavia, il lavoro è abbastanza monocromatico e le canzoni non spiccano una rispetto all’altra, incardinandosi alla lunga su un modus operandi avvincente ma, in fondo, un po’ prevedibile. Pesa forse anche il confronto con quel piccolo gioiello di “Kwintessens”, denotante una personalità superiore a quella di “Ulsect”. L’incisività di Ulcerate e Gorguts la rileviamo solo a sprazzi, però la base è veramente buona e in proiezione gli Ulsect possono diventare un nome veramente importante nello scenario death metal contemporaneo.