7.5
- Band: ULTHA
- Durata: 01:03:31
- Disponibile dal: 01/12/2016
- Etichetta:
- Vendetta Records
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Inizialmente gli Ultha sono stati paragonati ai Planks, vuoi per la presenza del chitarrista/cantante Ralph Schmidt, vuoi per le soluzioni musicali adottate e le atmosfere ricreate, tra black metal e alcuni rimandi “post”. Ebbene, questo accostamento poteva (forse) valere fino a poco tempo fa, perché con questo nuovo “Converging Sins” – album registrato in primavera e pubblicato a sorpresa un paio di settimane fa – non può che notarsi un’evoluzione nella proposta del gruppo tedesco. Rispetto al recente passato, oggi gli Ultha giocano su un’estetica ancora più tragica e su un minimalismo più estremo, abbandonando le tonalità lievemente più variegate che caratterizzavano i lavori precedenti. Ci sono comunque alcuni elementi di continuità rispetto ad un album come “Pain Cleanses Every Doubt” – vedi l’alternanza fra latrato burzumiano e urla terrene nel comparto vocale – ma i pezzi sono più viscerali, più lunghi (a tratti un filo troppo), spesso depurati da ogni variazione non strettamente necessaria. Questo atteggiamento porta a un disco spigoloso e dal grande impatto emotivo, disperato ma al contempo sporco. Ad eccezione di “Mirrors in a Black Room”, traccia sottile e controllata sulla quale si staglia sovente una mesta voce femminile, “Converging Sins” è un lamento black metal meravigliosamente ossessivo, paranoico e psicotico. In particolare, nella tracklist spicca una composizione letteralmente splendida come la lunghissima opener “The Night Took Her Right Before My Eyes”, ricca di melodie avvilenti e blast beat ripetitivi, ma spezzata ad un certo punto da un’impennata di symphonic black anni Novanta tanto inaspettata quanto esaltante. Una gelida carezza su un corpo caldo disteso nel buio. Dopo avere fatto pratica con le arti nere per la prima volta sul suddetto “Pain…”, Schmidt e compagni ritornano con quello che può senza dubbio essere definito il loro lavoro più riuscito; su “Converging Sins” si notano una maggior consapevolezza di sé e dei propri mezzi, un songwriting più convinto e un’interpretazione più disinvolta e seducente, per un ascolto che all’altezza di certi episodi è in grado di creare un senso di ebbrezza insperato. Manca pochissimo alla completa quadratura del cerchio.