7.5
- Band: ULTRA-VIOLENCE
- Durata: 00:38:41
- Disponibile dal: 27/07/2018
- Etichetta:
- Candlelight
- Distributore: Audioglobe
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Ormai la qualità compositiva dei piemontesi Ultra-Violence non è più in discussione. Dopo gli ottimi “Privilege To Overcome” e “Defect The Flow” è il turno di “Operation Misdirection”. La band ha colto le critiche rivolte ai minutaggi dei precedenti lavori, che sfioravano l’ora di ascolto, e hanno partorito un concentrato thrash metal da poco più di mezz’ora senza intaccare minimamente la loro esplosività sonora. Sin dall’opener “Cadaver Decomposition Island” ritroviamo una band decisamente in forma che si destreggia agilmente nel genere proposto e si dimostra in grado di spaziare tra riffoni galoppanti, passaggi di blastbeat e linee vocali dei ritornelli che denotano una certa propensione melodica; in più rispetto ai lavori precedenti vanno maggiormente alla ricerca di atmosfere musicali che si discostano dal thrash old-school preconfezionato. Un ennesimo passo in avanti per il quartetto che riesce a donare all’album nel suo complesso una varietà stilistica che nel genere non è per niente scontata da trovare, anzi. Lo splendido lavoro della sezione ritmica ha aggiunto quel tocco in più di completezza nella musica degli Ultra-Violence: la batteria non si arena in un ostinato thrash-beat ma cerca di sottolineare il più possibile la ruvidità dei riff di chitarra e le linee di basso sono poste in evidenza con accuratezza ed il suono è penetrante ed insieme gelido, ben contestualizzato tra beat della batteria e le ritmiche delle chitarre ritagliandosi un meritato momento di protagonismo durante “The Acrobat”. Altro brano da evidenziare è quello posto in chiusura, “Shining Perpetuity”, che con quel suo tono death nelle aperture dei ritornelli assume un’aria più cupa e sinistra rispetto ad altri episodi del disco quali “Welcome To The Freakshow” o “Nomophobia”. L’ultima e la prima canzone, oltre che rivelarsi i migliori momenti del disco, sono la testimonianza delle ormai note capacità della band ma soprattutto del loro modo di interpretare il genere al giorno d’oggi. Pur attingendo da tutta la scuola che ha fatto la storia la band non si è legata a canoni dogmatici e/o puristi cercando e trovando soluzioni che attingono sia dai generi estremi che da quelli più melodici. Se poi dopo l’ascolto, più che consigliato, del disco si apprezza anche la cover dei Dire Straits aggiungete anche mezzo punto al nostro voto.