8.0
- Band: ULVER
- Durata: 00:54:00
- Disponibile dal: 28/05/2012
- Etichetta:
- Kscope Music
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Mutare continuamente per restare se stessi. Gli Ulver indossano una maschera diversa ad ogni loro lavoro, permettendoci però ogni volta di riconoscerli, in quanto la maschera stessa rappresenta il loro vero volto; inutile elencare per l’ennesima volta i generi esplorati e sviscerati dai lupi norvegesi, inutile incensarli nuovamente per il loro coraggio, la loro concezione di musica come forma d’arte e come libera espressione dell’uomo e conseguentemente senza limiti stoicamente e scioccamente auto-imposti, ed inutile altresì cercare di seguirli usando le briciole di pane lasciate ad ogni loro disco, per arrivare ad intuire quale sarà il prossimo sentiero intrapreso. Il gruppo di Kristoffer Rygg (conosciuto anche come Garm, Trickster G e God Head) decide in questo stupendo “Childhood’s End”, di omaggiare la musica psichedelica, chiudendo nel baule i vecchi abiti eccessivamente dark ed oscuri, per far posto nell’armadio agli abiti dai colori sgargianti, bandane a fiori e pantaloni a zampa d’elefante rubati ai genitori. Non temete, era solo un scherzo; gli Ulver coverizzano sedici brani estrapolati da un periodo che possiamo identificare come la seconda metà degli anni Sessanta, attingendo dalla discografia di gruppi più o meno noti, e questo è vero, così come è vero che non li sentiremo mai “eccessivamente felici” e solari. I Nostri interpretano i diversi capitoli di questo bel disco a modo loro (ovviamente), non stravolgendo mai la struttura dei brani, rispettosi del mood generale dei pezzi, ma donando ad essi quella particolare vena malinconica e poeticamente oscura che ha sempre contraddistinto il combo norvegese. Si crea un bel contrasto tra la matrice originaria della canzone e il modo di sentirla della band; provate ad immaginarvi i Nostri che, in una fredda e piovosa giornata autunnale, guardando i fiordi della loro terra natia, intonano delle canzoni originariamente scritte per poter “viaggiare” con la mente, con il sorriso sulle labbra ed un senso di libertà quasi mistica ed otterrete forse una fotografia in bianco e nero dell’album qui preso in oggetto. La band riesce a trasmettere energia (molta e positiva) ed a catapultarci in anni in cui la voce di Kristoffer sembra davvero a suo agio e dove la band tutta si rende protagonista di una prestazione davvero sopra le righe. Congedandoci da voi, sulle note di brani come “Street Song” (13th Floor Elevators), “Velvet Sunrise” (Music Emporium) e la splendida “Today” dei noti Jefferson Airplane, non possiamo che sottolineare nuovamente il valore di questo disco, non certo un capitolo secondario nella discografia degli Ulver, ma l’ennesimo passo importate nel loro cammino, che mai scopriremo quali strade intraprenderà.