ULVER – Themes from William Blake’s The Marriage of Heaven and Hell

Pubblicato il 21/10/2021 da
voto
8.5
  • Band: ULVER
  • Durata: 01:41:17
  • Disponibile dal: 07/12/1998
  • Etichetta:
  • Jester Records

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Uno dei “Proverbi dell’Inferno”, contenuti nel poema “The Marriage of Heaven and Hell” di William Blake, recita così: “Chi desidera ma non agisce, alleva pestilenza”. Forse è proprio dietro questo aforisma che si cela la svolta sonora intrapresa dagli Ulver in quell’ormai lontano 1998. I ‘Lupi’, dopo aver pubblicato due dei migliori album black-metal della storia (“Bergtatt” e “Nattens Madrigal”, intervallati dal capolavoro folk “Kveldssanger”), cambiano improvvisamente muta. La pelliccia nera e ruvida viene rimpiazzata da un manto candido ed elegante, trasformando per sempre le sembianze della creatura norvegese. La prosa poetica di William Blake viene letteralmente trasfigurata in musica che, come un’edera, si arrampica sulla parete testuale dell’opera “The Marriage of Heaven and Hell”, inebriandola di nuova vita. Ora il black metal altro non è che una radice nascosta, intenta a sostenere una mutazione sonora orientata verso la luce dell’avanguardia, dell’elettronica, della sperimentazione. Ad agevolare questo inaspettato rinnovamento è l’ingresso nel gruppo del musicista Tore Ylwizaker, la mente compositiva predominante che illumina un progetto alquanto ambizioso. Il “Matrimonio del Paradiso e dell’Inferno” è l’esplicita celebrazione dell’unione tra il presente e l’oscuro passato della band, un legame artistico che continuerà a svilupparsi nel corso degli anni a venire. Non tutti accolgono positivamente questa evoluzione, tant’è che la Century Media Records decide di scaricare i Nostri, i quali si affidano ad una nuova etichetta per la pubblicazione dell’album: la Jester Records. Nonostante il piccolo inconveniente, ecco che il desiderio di Garm e compagni fiorisce in un sound sorprendente e di certo inaspettato. Il metal è completamente uscito di scena, lasciando il posto ad una sorta di melting pot elettronico nel quale dialogano sintetizzatori, drum-machine e chitarre distorte. Il doppio album, della durata complessiva di oltre cento minuti, è una vera e propria odissea sonora che ripercorre fedelmente le ventisette tavole del poema di Blake, evocate magistralmente dall’ugola mutevole di Garm. Il cantante non è l’unico a prestare la propria voce alla narrazione dell’opera, il cantato soave dell’artista femminile Stine Grytøyr è l’elemento complementare che incarna poesia e drammaticità. “The Argument, Plate 2” parte con un intro dai contorni industrial che accresce una sfera di trepidazione levigata da sovrapposizioni vocali. La perla viene poi trafitta dalle lame di chitarre distorte, temprate nel freddo liquido noise. “Plate 3” accoglie con grazia il canto di Stine che scompare velocemente dietro un lenzuolo di seta silenziosa. Si respira un clima futuristico nel quale gli Ulver inseriscono, spesso, intermezzi minimalisti fatti sostanzialmente di rumore e silenzio, come a voler creare uno stato d’animo di attesa, di inquietudine. Toccante e sorprendente è il dialogo tra Garm e Stine in “The Voice of the Devil, Plate 4”: uno scambio poetico che rasenta, come un’onda, la spiaggia dell’hip-hop per poi annegare fra i ritmi concitati di un improvviso drum’n’bass. Il tempo è rallentato dal romantico arpeggio di una chitarra classica che accende la fiamma di reminiscenze folk, presto soffocate dall’elettronica tribale di “A Memorable Fancy, Plates 6-7”. Il brano si potrebbe paragonare ad una fonderia sonora dove il noise si salda a campionamenti ipnotici di chitarra, mentre la drum-machine scandisce i tempi di un martello delirante.
In alcune circostanze diventa riduttivo cercare di descrivere le sonorità racchiuse in “Themes from William Blake’s The Marriage of Heaven and Hell” per via delle complesse stratificazioni strumentali che compongono questa sorta di alveare avveniristico. La varietà musicale messa in scena dai Nostri si solidifica nei breakbeat di “Proverbs of Hell, Plates 7-10” per poi sciogliersi in segmenti elettronici che stregano l’udito. Nel primo disco c’è ancora spazio per godere della voce celestiale di Stine, che duetta ancora con Garm in “A Memorable Fancy, Plates 12-13”. I due galleggiano in un fiume trip-hop di complicità, incitato da dub elettronico nel quale si riversano affluenti jazz. L’oscura spirale ritmica di “Plates 16-17” avvolge una voce robotica che sfuma in mistiche atmosfere fantascientifiche. Si chiude così la prima parte di un disco nel quale è innegabile percepire le influenze di Nine Inch Nails, Massive Attack e Thievery Corporation, per citarne alcune. Nello stesso tempo è evidente il lavoro certosino realizzato dagli Ulver che hanno curato ogni dettaglio collocandolo con maestria in questo imponente castello sonoro. Sulla seconda parte dell’opera sembrano aggrapparsi i colori scuri dell’introspezione, addensati dalla chimica del post-metal e del progressive-rock. Come fosse una tela di Jackson Pollock, il disco si veste di un piacevole disordine che, poco alla volta, si trasforma in arte. “A Memorable Fancy, Plates 17-20” è uno dei brani più incisivi del lotto: nel nuvoloso clima industrial tuona una ritmica trascinante a cui seguono oscillazioni distorte di chitarre che, con devozione, accompagnano la miglior prova vocale di Garm. Un intro elettro-floydiano scardina la serratura di “Plates 21-22”: altro pezzo memorabile nel quale l’elastico del tempo si dilata e si comprime, un dinamico movimento sonoro che origina scosse cicliche di adrenalina. Come per magia, in questo futuro smaltato di lucentezza, ecco che sinuose chitarre penetrano negli ingranaggi di una meravigliosa “Memorable Fancy, Plates 22-24” lubrificandone i preziosi meccanismi progettati per diffondere incanto. “A Song of Liberty, Plates 25-27” è l’atto conclusivo di un’esperienza mistica alla quale prendono parte le voci di Ihsahn, Samoth (Emperor) e Fenriz (Darkthrone). Tra le ritmiche drum’n’bass del brano finale sembra sbocciare una primavera celeste stimolata dai suoni cosmici dei sintetizzatori e da un riff ripetitivo che profuma di trionfo, mentre in sottofondo si snodano un’infinità di parole. I successivi venti minuti di silenzio delimitano il limbo di assimilazione di un’opera maestosa che ha bisogno di tempo per essere compresa e glorificata. “Themes from William Blake’s The Marriage of Heaven and Hell” è dunque l’ambita realizzazione di quel desiderio prepotente che pulsava da tempo nel petto dei ‘Lupi’, gli artefici del più nobile sodalizio: musica e poesia. Questa trasformazione irreversibile ha cambiato per sempre le sorti della band di Oslo che rimane, a tutt’oggi, la migliore nel suo genere.
Pablo Picasso disse: “Tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi”. Ebbene, in questa sorta di passaggio sonoro dall’adolescenza all’età adulta, gli Ulver dimostrano di essere artisti anche da grandi, e che artisti. Chapeau.

TRACKLIST

  1. Disco 1
  2. The Argument, Plate 2
  3. Plate 3
  4. Plate 3, Following
  5. The Voice of the Devil, Plate 4
  6. Plates 5-6
  7. A Memorable Fancy, Plates 6-7
  8. Proverbs of Hell, Plates 7-10
  9. Plate 11
  10. Intro
  11. A Memorable Fancy, Plates 12-13
  12. Plate 14
  13. A Memorable Fancy, Plate 15
  14. Plates 16-17
  15. Disco 2
  16. A Memorable Fancy, Plates 17-20
  17. Intro
  18. Plates 21-22
  19. A Memorable Fancy, Plates 22-24
  20. Intro
  21. A Song of Liberty, Plates 25-27
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