8.0
- Band: ULVER
- Durata: 00:45:24
- Disponibile dal: 25/04/2011
- Etichetta:
- Kscope Music
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Gli Ulver, nel corso della propria carriera, hanno dimostrato di seguire un percorso artistico estremamente libero e naturale, seguendo nient’altro che il proprio istinto artistico. Talvolta i cambi stilistici della band norvegese sono stati talmente significativi e repentini da far arricciare il naso a più di un fan, altre volte invece l’evoluzione si è verificata in maniera più rotonda e “armonica”. L’ottavo disco in studio degli Ulver fa parte proprio di quest’ultima categoria, riprendendo la vena avant-garde, ambientale e minimale del precedente “Shadows Of The Sun” e trasportandola attraverso l’inclusione di melodie a tratti accessibili su lidi più progressivi e forse mai come in questo caso "adatte" anche ai meno avvezzi alle sonorità criptiche della band. Le linee vocali dell’opener “February MMX” riescono a catturare l’orecchio sin dai primi ascolti e insieme alle atmosfere dilatate di “Island” introducono l’influenza dei Pink Floyd più allucinati. L’aura visionaria, delirante che ha contrassegnato sin qui le pubblicazioni della band è sempre presente all’interno delle composizioni e anche quando il quartetto scandinavo sembra dare più confidenza all’ascoltatore con delle aperture, questa tendenza riemerge immancabilmente nel finale come accade nella splendida “Providence”, in cui dopo un avvio delicato caratterizzato dalla presenza di una voce femminile a duettare col profondo Rygg, la band torna su sentieri ambient disturbati con una coda impreziosita dall’uso non convenzionale di fiati. La vena “sacrale” di certi Dead Can Dance che avevamo apprezzato nella release precedente trova conforto tra le righe di “September IV” e “Stone Angels”, salvo poi tingersi di nuovi colori sfruttando la vena electro di “Blood Inside” nella prima e un’anima poetica nel recitato congedo. “War Of The Roses” è l’ennesimo viaggio firmato Ulver attraverso immagini sfocate e distorte che prendono fuoco poco alla volta e lasciano un retrogusto mistico col sapore epico della grande impresa.