7.0
- Band: UNDEROATH
- Durata: 00:38:42
- Disponibile dal: 09/11/2010
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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E’ quasi un miracolo che gli Underoath siano ancora una band, considerando il tracollo emotivo che ha colpito il frontman Spencer Chamberlain (che ha bruscamente fermato la band nel bel mezzo dei Warped Tour) e la recente perdita dell’ultimo membro originale della formazione, il batterista e vocalist Aaron Gillespie. Ancora una volta, vicinissimi all’opzione scioglimento, gli Underoath riescono a rinnovarsi e continuare il loro percorso musicale sulla via dell’eccellenza. E’ bene specificare quanto il gruppo abbia poco da condividere con la posa superficiale e "cazzona" della scena screamo/metalcore: basti ascoltare "In Division" per scoprire la nuova direzione del gruppo, intensa, drammatica ma anche piena di speranza, coesa dal lato musicale e decisamente improntata sulle vocals di Chamberlain, il vero punto forte della formazione. "Ø (Disambiguation)" vede un cantante immerso come non mai nelle canzoni del gruppo, che riesce agevolmente ad uscire dagli schemi scream-sing-scream del passato e che risulta più passionale dell’ex Gillespie nelle clean, un tempo troppo "pulite", ora decisamente passionali e vincenti nelle linee melodiche. Chi, come chi scrive, detestava Gillespie perchè troppo "emozionale", non potrà che gioire dell’avvicendamento, schierandosi apertamente tra i sositenitori di un Chamberlain che ha sopraffatto i suoi demoni, prendendo in mano le redini della band. Dal punto di vista musicale non ci si discosta dai canoni della discografia del gruppo, ma nella personalità marcata della formazione si incontrano momenti di rara bellezza, alternati ad una brillante aggressività, sfuggendo puntualmente alle coordinate sonore dettate all’intera scena da Adam D. (Killswitch Engage), produttore dei due capitoli precedenti. Matt Goldman (The Chariot) e Jeremy SH Griffith (Norma Jean) producono un suono ben più organico, come dice Tim McTague "più vicino al suono live che ad un progetto computerizzato e senz’anima". La sperimentazione emerge in "Paper Lung" e "In Completion", che con le vibrazioni vicine ai Deftones costituiscono una pausa necessaria dall’aggressività. "Driftwood" fa lo stesso, avvicinandosi però ai Radiohead. "Illuminator", "Vacant Mouth" o "My Deteriorating Incline" mostrano invece il lato più potente dell’album, sorrette dal nuovo arrivato Daniel Davison (Norma Jean), anche lui, ci sentiamo di dire, con una marcia in più rispetto al predecessore. Non troverete con facilità, all’interno della scena metalcore, un album che riesce ad essere ficcante senza rinunciare ad aggressività, spessore e sofisticatezza. Se è questo quello che cercate, non indugiate e fate vostro "Ø (Disambiguation)", non ve ne pentirete.