7.0
- Band: UNLEASHED
- Durata: 00:39:13
- Disponibile dal: 12/11/2021
- Etichetta:
- Napalm Records
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Un disegno di copertina degno del più becero folk metal in circolazione non predispone benissimo all’ascolto del nuovo lavoro degli Unleashed, ma fortunatamente ci pensa la musica a rinfrancare almeno in parte quell’ascoltatore che, anche a distanza di tantissimi anni, ha ancora a cuore l’immaginario tenebroso di album come “Where No Life Dwells” e “Shadows in the Deep”. Va comunque sottolineato che in carriera la band svedese ha dimostrato più volte di non possedere chissà quale buon gusto in termini di artwork, titoli e testi, quindi il biglietto da visita di questo nuovo “No Sign of Life” va senz’altro preso con relativa leggerezza. Non è dagli Unleashed che dobbiamo aspettarci eleganza e finezze: il loro ruolo di fabbri vichinghi alle prese con il più elementare swedish death metal è da tempo riconosciuto, quindi meglio concentrarsi sulla sostanza e cercare di godere di quanto offerto con questo quattordicesimo full-length, in uscita ancora una volta per Napalm Records.
Ci sono due modi per valutare un disco come quello in questione: il primo, quello più semplice, è di ascoltarlo una volta e liquidarlo con un aggettivo a scelta tra “dozzinale”, “scontato” e “pacchiano”. Il secondo è quello di accettare l’ennesima sfida degli svedesi e giocare alle loro regole, mettendo da parte le pretese più eccessive, lasciandosi condurre nell’esplorazione di questa quarantina di minuti e augurarsi di trovare qualche bella canzone come accaduto nelle ultime prove in studio del quartetto di Stoccolma. Consigliamo il secondo metodo: intanto perché a musicisti di questa esperienza è sempre dovuto un po’ di rispetto, e poi perché con pazienza e disponibilità a farsi intrattenere si riesce effettivamente a scovare in “No Sign of Life” più di un episodio stimolante. Certo, rispetto al precedente “The Hunt for White Christ” e ai lavori della cosiddetta rinascita artistica degli anni Duemila, l’album possiede meno hit e soffre ora di un’interpretazione vocale da parte di Johnny Hedlund un po’ spenta, ora di un songwriting condotto sin troppo con il pilota automatico, tuttavia degli ascolti attenti non mancano di svelare tracce di valida consistenza creativa. Così, sorvolando su pezzi inconcludenti o ripetitivi come “You Are The Warrior” o “Midgard Warriors For Life”, troviamo brani come “The Shepherd Has Left the Flock”, la titletrack e “The Highest Ideal”, in cui il gruppo riesce a valorizzare le sue storiche qualità di death metal band lineare e grintosa, suonando al contempo fresco ed attuale grazie all’ormai puntuale estro del chitarrista Fredrik Folkare in fase solista. Come da tradizione, vi è spesso un che di naif nel modo in cui la band imbastisce le sue canzoni, ma per fortuna solo in qualche occasione si sfocia nella pura banalità. Non siamo dunque davanti a uno scivolone del calibro del vecchio “Warrior”: a dispetto delle apparenze, “No Sign of Life” si rende protagonista di qualche piacevole impennata e dimostra insomma di avere i numeri per farsi apprezzare. Chi segue ciecamente Hedlund e compagni da sempre non potrà che drizzare le orecchie.