8.0
- Band: UNREQVITED
- Durata: 00:52:55
- Disponibile dal: 16/04/2018
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Audioglobe
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Già il precedente “Disquiet” (2016), sebbene passato pressoché inosservato anche se idolatrato dai cultori del più sommerso underground depressive black metal, era un sorprendente piccolo capolavoro; oggi, con il seguente e da poco edito dalla nostra sempre puntuale e attenta Avantgarde Music “Stars Wept To The Sea”, i canadesi Unreqvited balzano prepotentemente all’attenzione di tutti attraverso sonorità magniloquenti e foschissime, un vero e proprio manifesto emozionale di questo sottogenere particolare e non così per pochi come si può pensare. Il progetto Unreqvited consta solo di Willow Vale, che si fa riconoscere in alternativa per l’uso di un semplice ideogramma giapponese (鬼), quello usato per definire il significato di ‘fantasma, presenza inquietante, demone’. Non è terrificante, però, la musica partorita da questo abile songwriter, che si occupa di tutti gli strumenti, della voce, le orchestrazioni, la registrazione, il mix ed il master, ad esclusione dell’ospitata della vocalist Arctica sul brano “Stardust”: insomma, un vero tuttofare della scena, che mostra una profondissima sensibilità nel creare soundscape nostalgici, avvolgenti e delicati. Se nel precedente album, inoltre, il Nostro si cimentava in grida lancinanti in quasi ogni pezzo, in “Stars Wept To The Sea” le vocals sono ridotte al minimo, sempre e solo lamenti disumani ma sparsi qua e là in una tracklist che lascia le parti cantate davvero in secondo piano; nonostante ciò, nel momento in cui 鬼 urla ed esprime le sue angosce, si tratta sempre di ferite autolesionistiche che deprimono corpo e anima. “Stars Wept To The Sea” è decisamente un’opera più matura di “Disquiet”: con questo non vogliamo dire che sia migliore, ma semplicemente che è diversa; l’abbondante aumento ed utilizzo di parti orchestrali, le voci femminili operistiche (vere o campionate che siano), una maggiore propensione alla tristezza, che ha sostituito la pura disperazione del lavoro precedente, sono tutte caratteristiche che certificano la volontà di progredire e cercare un sound più personale ed originale, comunque sempre straziante e toccante nel profondo. Partiture simil-gotiche di tastiere e pianoforte, tappetoni atmosferici in sottofondo, attenta ricerca di melodie decadenti immerse nei Nineties, quando le atmosfere malinconiche presero il sopravvento: tutto ciò viene unito ad un intelligentissimo e limitato uso dell’elettronica e ad un lavoro certosino di chitarra, anche quest’ultimo meno importante di quanto fosse su “Disquiet” ma comunque spettacolare e mai ‘sbagliato’, che esso si componga di arpeggi e giri cupissimi o di cascate devastanti in tremolo picking. Ci si perde un po’ nella seconda parte di tracklist, dove le due brevi “Empyrean” e “Namida” e, al contrario, la lunghissima (13 minuti) “Soulscape” fanno staccare l’ascoltatore dall’ipnosi catartica in cui si entra fin dal primo e splendido brano “Sora”. Ma sono “Anhedonia” e il singolo “Stardust” le vere perle contenute in questo disco, le vere Stelle Piante nel Mare. La cultura giapponese, nonchè presumibilmente anche vere e proprie origini, permea il lavoro di Willow Vale e tutto il platter, con titoli in lingua e diversi richiami all’Oriente, così come le sensazioni deprimenti e collegabili a pensieri suicidi che possono penetrare subdole e invitanti nella mente di chi ascolta, una problematica, quella dei suicidi tra i giovani, fortemente presente in Giappone. Ma gli Unreqvited sono ufficialmente canadesi, di Ottawa, quindi spendiamo un’altra ottima recensione per portarvi alla luce, dopo i bravissimi Altars Of Grief, un’altra realtà del paese nordamericano assolutamente da seguire in ambito atmospheric black metal, qui davvero votato al ramo depressive. Ricordi che affiorano, lacrime che offuscano, emozioni che esplodono: la sempre amata malinconia in musica.