7.5
- Band: UPON A BURNING BODY
- Durata: 00:34:06
- Disponibile dal: 10/04/2012
- Etichetta:
- Sumerian Records
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Non ci piace fare di tutta l’erba un fascio, quindi diciamocelo: non tutto il deathcore vien per nuocere! Nella selva di uscite poco fantasiose nei suoni, nel look, nelle strutture, nell’attitudine, ogni tanto qualcuno riesce ad emergere, a far meglio, a farci divertire per un album intero. Gli Upon A Burning Body ci avevano fatto girare il capo con un buon esordio (“The World Is Ours” – Sumerian 2010), dove dimostravano di sapere il fatto loro con gli strumenti e di avere le carte in regola per far bene. “Red. White. Green.” è la realizzazione delle nostre migliori aspettative: anche se ci sono colli tatuati e lobi orribilmente dilatati, la bistecca è davvero succosa, e la proposta del quintetto mexico/texano esalta senza filler, mischiando Suicide Silence, i breakdown dei Parkway Drive e l’attitudine festaiola dei Bring Me The Horizon… mantenendo un sano machismo sudista! “Sin City”, “Mimic”, “Predators” sono batticarne suonati con stile e perizia, modernissimi nei suoni, trascinanti nei brevi ed azzeccati solos, esaltanti nei breakdown e nei ritornelli. “Desperado” e “The Island of Lost Dreams” rallentano ma restano super heavy. “El Mariachi” è il giusto e simpatico break acustico. Totalmente irresistibili “Once Upon a Time in Mexico” e “Texas Blood Money”, dove emerge straripante il ‘southern pride’: i cori prendono il sopravvento e le bandiere confederedate sventolano alte, tra proiettili vaganti e shots di Jagermeister! Anche col vestito da gangster, gli UABB tengono gli speroni, insomma, e, citando in ogni titolo Robert Rodriguez, dimostrano di avere addosso abbastanza metallo per potersi permettere uno stile sopra le righe. BOUNCE!