7.5
- Band: URFAUST
- Durata: 00:33:31
- Disponibile dal: 27/11/2020
- Etichetta:
- Ván Records
- Distributore: Audioglobe
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Non sono esattamente abituati a ripetersi e a pubblicare dischi per dovere, gli Urfaust. A due anni dallo splendido “The Constellatory Practice” escono allora con una specie di concept album, rappresentante gli stadi ai quali va incontro un individuo quando subisce un’intossicazione. Tema sviscerato con il tipico gusto per la meditazione a oltranza del duo olandese, maestro nel miscelare doom, ambient e ritualismi in uno stile inconfondibile. Per taluni versi immutabile, sospeso in un’atmosfera nebbiosa all’interno della quale ogni avanzamento pare portare nel nulla, in un oblio sensoriale cui non ci si riesce ad opporre. Andando oltre la superficie, invece, non è difficile cogliere un sempre apprezzabile grado di sperimentazione, la pulsione a fare di ogni album qualcosa di unico. Ecco allora che, messe nuovamente in disparte le influenze black metal – già accantonate nel predecessore – “Teufelsgeist” (Spirito del Diavolo) porta il discorso musicale verso un’immaterialità manifesta, uno stato allucinatorio condensante sensazioni estreme, vissute perdendo cognizione del mondo che ci circonda ed entrando in una condizione di forte alterazione delle proprie capacità cognitive.
Ritmicamente, i pattern di batteria si fanno particolarmente scarni e ripetitivi, cerimoniali, andando fin oltre le normali abitudini della casa. Ciò la dice lunga su quanto possa rivelarsi ostico l’album, se pensato per una fruizione poco concentrata. Dove riecheggia un lavorio di arrangiamento ricco, in alcuni punti prodigioso, è nell’uso delle tastiere, ombrose, mistiche, orrorifiche, in ogni brano avvinte da suoni diversi, che passano dal clima febbrile di “Offerschaal Der Astrologische Mengvormen” a un progressivo rabbuiarsi e richiudersi in arie minacciose e sconfortate. I confini tra gli strumenti e persino la voce diventano labili, si offuscano i sensi e le sonorità si compenetrano in una coltre di armonie magiche, gravide di presagi occulti, in una sorta di ‘magical doom’ che ridefinisce in parte i connotati conosciuti dell’Urfaust-pensiero. L’esagerato (in senso positivo) stile declamatorio di IX ricerca significati alti, melodie immortali, si staglia altisonante, provando ad afferrare una conoscenza profonda e definitiva, in parole che si trascinano indefinitamente, mischiandosi, ci pare, con incursioni nel puro favellare di sola fonetica, cosa che non sarebbe inedita per la formazione.
Salmodianti, ridondanti, dal carattere ancestrale e, in fondo, slegati dagli stessi stilemi doom, ai quali comunque si possono tutt’ora ascrivere per questo buissimo full-length, gli Urfaust raggiungono l’obiettivo di ipnotizzarci e stregarci con un altro saggio di colto minimalismo. Sbriciolando barriere con irrisoria facilità, confezionando una colonna sonoro da incubo, il duo ci fa comunque intravedere in lontananza un che di magnifico, frammenti di immagini fantasmagoriche in materializzazione davanti agli occhi, mentre fisico e mente si consegnano alle ultime, fatali, fasi dell’intossicazione subita. Rimaniamo forse un passo indietro a “The Constellatory Practice”, che aveva alcuni apici qui non ripetuti, ma si parla di un confronto ad alti livelli, sul quale non staremmo troppo a sottilizzare. Con un’operazione apprezzabile per gli amanti degli alcolici ad alta gradazione, passione che vede i due musicisti in prima linea – IX, live, si scola l’indicibile – in occasione di “Teufelsgeist” VRDRBR, in collaborazione con Hoos London Gin, ha creato un gin prodotto in quantità limitata, idealmente destinato a essere degustato durante l’ascolto del disco. Così, nel caso vogliate unirvi al culto, sarete ancora più motivati…