7.0
- Band: VADER
- Durata: 00:09:16
- Disponibile dal: 30/05/2025
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Tre chitarre, tre brani, tre firme diverse. È così che i Vader decidono di presentare “Humanihility”, un EP che sembra più un banco di prova che un semplice antipasto. Non una dichiarazione d’intenti roboante, ma un assestamento verso qualcosa di nuovo, o meglio, di rinnovato. L’occasione è la ricomparsa di Mauser – figura chiave nel percorso artistico del gruppo che va dalla fine degli anni Novanta ai primi Duemila – di recente tornato a fare ufficialmente parte della line-up. Il panzer polacco ora è quindi un quintetto con tre chitarristi – oltre a Mauser, ritroviamo ovviamente il frontman Peter e il fido Spider – e questa nuova geometria sonora si riflette subito in queste tre tracce registrate presso gli inglesi Grindstone Studio con Scott Atkins in cabina di regia.
L’apertura è affidata proprio a Mauser con “Genocide Designed”, e basta qualche secondo per capire che il chitarrista ha ancora il polso del suono che contribuì a definire i Vader ai suoi tempi. Il riffing serrato e l’umore fosco e marziale riportano direttamente a “Litany”, di cui ricorre proprio quest’anno il venticinquesimo anniversario. È un tuffo nel passato che evita la trappola della nostalgia sterile: il pezzo suona ispirato e lascia emergere una volontà di riconnessione più che di replica, come se il quintetto avesse deciso di ritrovare la propria voce tornando a una delle sue lingue madri.
La successiva “Rampage”, composta da Peter, è il pezzo più conciso del lotto, ma non per questo secondario. È un brano asciutto, con pochi elementi ben calibrati e un mood modellato su quello dell’opener. L’impressione è che questa traccia viva di riflesso rispetto alla prima, come un’appendice che rafforza l’identità dell’EP piuttosto che ampliarne i confini.
Chiude il brevissimo lavoro “Unbending”, composta da Spider, che introduce una dinamica diversa e interessante. Qui il gruppo si prende qualche rischio in più, puntando su un agile midtempo che ricorda alcune delle intuizioni meno convenzionali di opere come “Revelations” o “The Beast”. Il riff portante è molto orecchiabile e il brano sembra cucito per un’esecuzione live. Non a caso, è stato scelto come inno ufficiale del Mystic Festival 2025: un riconoscimento che certifica la sua natura di potenziale hit tanto nell’universo Vader quanto in un circuito di ascoltatori più generalista.
A conti fatti, “Humanihility” funziona perché evita due trappole: la nostalgia sterile e la forzata modernizzazione. In questo caso, i Vader dimostrano che si può guardare indietro senza inciampare, e che un piccolo formato può contenere un’idea forte. Il ritorno di Mauser e l’inedita disposizione a tre chitarre aprono a possibilità nuove e a una maggiore varietà di strutture e ispirazioni, ma è l’alchimia interna che fa ben sperare. Se questo è il terreno su cui nascerà il prossimo album, potrebbe non trattarsi solo di un altro tassello nella discografia della band, ma di un nuovo inizio, silenziosamente audace.