7.0
- Band: VADER
- Durata: 00:29:29
- Disponibile dal: 01/05/2020
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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A settembre dello scorso anno, parlando della futura release di “Solitude In Madness”, il buon Piotr ebbe a dire che il dodicesimo album dei Vader sarebbe stato il più brutale di sempre. Non che dalla band polacca ci si aspettasse qualcosa di soffice ma di fronte ad un simil-dichiarazione, le antenne dei death metaller più incalliti si sono quantomeno drizzate. Ora, giunti al termine della conclusiva “Bones” del nuovo album, la prima considerazione che abbiamo a scrivere è che, se pure non spacca per estrema brutalità (esclusa la superba cover realizzata da Wes Benscoter), “Solitude In Madness” risulta sicuramente il full-length più fulmineo prodotto dai Vader in quasi quarant’anni di carriera. Undici brani in solo ventinove minuti, alternando pezzi dinamitardi che rasentano i centoventi secondi (“Despair”) ad altri episodi più elaborati e coinvolgenti. Aldilà delle questioni prettamente numeriche, il trademark è sempre quello: l’inossidabile e tellurico death intriso di thrash e indiavolato dalla voce greve, a suo modo caratteristica, dello stesso Peter. Un marchio di fabbrica ancor più esasperato che, dopo il discreto “The Empire” del 2016, ha dato le sue prime avvisaglie esattamente dodici mesi fa con l’EP “Thy Messenger”.
La mitragliata di colpi inferti dall’opener “Shock And Awe”, infatti, impreziosita da un maligno assolo di Spider, ricalca massivamente quanto già sparato sulla folla con la precedente “Grand Deceiver”. Un colpo assestato in pieno cranio che si aggroviglia leggermente su se stesso nelle successive “Into Oblivion” e la stessa “Despair”, non riuscendo così a dare un senso di piena completezza alla prima parte dell’album. Discorso che cambia, prendendo una piega più arcigna e, se vogliamo, variegata proprio nei pezzi centrali del disco: a partire dai riff demoniaci di “Incineration Of The Gods”, passando dalla ‘thrashosa’ “Sanctification Denied”, si arriva a “And Satan Wept”, il brano migliore dell’intero lotto, in cui spicca di nuovo l’egregio lavoro alle sei corde di Spider. E se volete un salto old-school, dal fortissimo sapore heavy, “Emptiness” farà al caso vostro. Non dovendo dimostrare più niente a nessuno, i Vader si divertono nell’elaborare un genere che conoscono ormai a menadito, concedendosi talune divagazioni sul tema. E chiudiamo pure un occhio se da questo in poi, almeno sino alla succitata “Bones”, il copione riprende in toto le bastonate inflitte in apertura. Se avevate l’estremo bisogno di concretezza e garanzia, Piotr e compagni sono qui, ancora una volta, a darne perfetta testimonianza.