7.5
- Band: VAFURLOGI
- Durata: 00:40:00
- Disponibile dal: 13/09/2024
- Etichetta:
- Norma Evangelium Diaboli
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C’è stata una certa attesa nella scena underground per il ritorno di Þórir Garðarsson, chitarrista e compositore reduce dall’inaspettato scioglimento degli Svartidauði, dopo che negli ultimi anni la formazione islandese era diventata un nome di prima grandezza e una garanzia in campo black metal.
Comunque sempre attivo negli altrettanto validi Sinmara, il musicista islandese torna ora a fare parlare di sé immettendo nuove coordinate per il suo personale viaggio sonoro sotto il nome Vafurlogi, nuova realtà in cui si occupa anche della voce e del basso.
Con questo progetto, il polistrumentista e cantante entra in un territorio in cui il suo tipico black metal si arricchisce di sfumature più melodiche e malinconiche, portando il suono verso una direzione a tratti maggiormente tradizionale, senza tuttavia tradirne del tutto lo spirito avventuriero.
L’album si presenta come un’opera di transizione e sperimentazione, dove la tensione tra avanguardia e tradizione è palpabile in ogni traccia. Sulle prime, la musica può evocare immagini di un paesaggio sonoro austero e desolato, ma ben presto inizia a farsi largo anche un feeling più avvolgente e magnetico, con un lavoro di chitarra che si distacca in parte dalle trame lisergiche degli Svartidauði per abbracciare una sensibilità più calda, che in alcuni passaggi ricorda certe sonorità della scuola norvegese degli anni Novanta, in particolare quelle dei Satyricon.
Lungo tutta la tracklist, composta da pezzi che si assestano per lo più su dei funzionali quattro/cinque minuti di durata, si lavora su variazioni e rimandi che spesso sfumano in fragili melodie ipnotiche. Dispersioni, dissonanze, evanescenze che tuttavia non mancano di sfociare in canali di notevole fluidità, dove talvolta si respira anche una inaspettata epicità. Sembra un esperimento che si gioca su fasi alterne di chiusura e di rilascio: all’interno di ogni traccia possiamo infatti intravedere tutti i riflessi e le sfaccettature del vecchio repertorio di Garðarsson, ma anche slanci verso un black metal più ‘dritto’ e melodico, capace di distendersi fino a una lievità assoluta.
Sin dalle prime note, i Vafurlogi dimostrano insomma una padronanza della materia black metal che va oltre il semplice esercizio di stile, non limitandosi a rievocare certe epoche d’oro del genere, ma rivisitandole attraverso una lente contemporanea, dove appunto vengono introdotte soluzioni armoniche inusuali e un dinamismo più attuale. Soprattutto nella parte centrale, con brani come “Helgrindur”, “Dreyrrauði” e “Hvíldarsálmur” (quest’ultimo particolarmente malinconico grazie anche all’intervento di cori puliti), si assiste a una grande prova di songwriting e rielaborazione, in un avvincente bilanciamento tra immaginifiche forze ancestrali e slancio avanguardista.
Certo, nel suo insieme l’album non raggiunge ancora le vette di magnetismo e intensità che Garðarsson ha saputo toccare con le ultime opere di Sinmara e Svartidauði, ma rappresenta comunque un passo significativo verso una direzione stilistica propria e distintiva. In un panorama islandese spesso caratterizzato da sonorità simili, questo nuovo progetto cerca di distinguersi proponendo un sound che, pur richiamando anche influenze old school, riesce a mantenere il piede in varie scuole e a risultare fresco e attuale. Se questo è solo l’inizio, c’è quindi da aspettarsi grandi cose da questa band, che potrebbe presto ritagliarsi un posto di rilievo nella scena black metal internazionale.