7.5
- Band: VALGRIND
- Durata: 00:38:00
- Disponibile dal: 24/04/2023
- Etichetta:
- Memento Mori
Spotify:
Apple Music:
Una piccola certezza dello scenario death metal italiano (e non solo). Parlando dei Valgrind, l’utilizzo di questa espressione viene praticamente spontaneo, con il quartetto di Bologna e dintorni ormai abile a confermarsi su buoni livelli grazie a dischi curati e avvincenti, in grado di riportare le lancette dell’orologio a svariati decenni fa senza per questo apparire come la solita operazione nostalgica da un tanto al chilo. Una storia che si ripete anche oggi – a tre anni dal precedente sforzo sulla lunga distanza e a due dall’EP digitale “From the Viscera of Darkness” – con “Millennium of Night Bliss”, nuovo compendio di metallo della morte dai toni ferali e dall’andamento epico-progressivo che vede soprattutto nell’operato di alcuni pilastri americani il faro da seguire nella notte, la stella polare con cui orientarsi in mare aperto, per circa quaranta minuti di musica che suonano effettivamente come una lettera d’amore rivolta ai fan della vecchia scuola Earache e Roadracer.
Un incedere sferragliante ma sempre pronto a dispensare avvitamenti repentini e digressioni anche molto profonde è la chiave di volta della tracklist, la cui scorrevolezza è forse la prova più tangibile delle capacità di scrittura acquisite nel corso del tempo e delle release da Daniele Lupidi e compagni, fedeli discepoli dello stile di Disincarnate, Morbid Angel, Nocturnus e Pestilence (periodo “Testimony of the Ancients”) che senza nessuna intenzione di reinventare la ruota del genere – e volendo anzi inserirsi in una nicchia stilistica precisissima – esprimono passione e dedizione da ogni loro gesto. E poco importa se ad un incipit esaltante come quello formato da “Teshub”, “Banished by Celestial Harmonies” (ottima la coda melodica di quest’ultima, in odore di puro e semplice heavy metal) e dalla title-track segue una parte centrale solida, funzionale, ma un filo meno memorabile; “Millennium…” è e resta l’ennesimo centro di una carriera finora vissuta lontana dai ‘riflettori’ del circuito underground, ma che allo stesso tempo non è praticamente mai scesa a compromessi in termini di visione artistica e qualità intrinseca.
Un’opera in cui il mix di ardore e tecnica della Florida di fine anni Ottanta/inizio anni Novanta rivive anche attraverso una produzione modellata su quella dei grandi classici dell’epoca, e che in definitiva ci presenta i Valgrind sempre più padroni di questa particolare operazione di rilettura/tributo. Se i vari “Blessed Are the Sick”, “Dreams of the Carrion Kind” e “The Key” sono il vostro pane quotidiano, non esitate a ritagliarvi il giusto tempo per scoprire gli anfratti di questo album.