8.0
- Band: VALGRIND
- Durata: 00:44:06
- Disponibile dal: 02/29/2016
- Etichetta:
- Lord of the Flies Records
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Forse è ancora presto per dirlo, ma con la loro seconda prova sulla lunga distanza i Valgrind potrebbero averci consegnato il disco death metal dell’anno, inteso nella sua accezione più tradizionale e genuina. Un’opera sontuosa e curatissima, che vive di echi passati senza per questo affossarsi nelle anonime paludi del revival old school; un’opera in cui tecnica, musicalità e brutalità trovano sintesi in un lotto di brani inattaccabile per efficacia e presa sull’ascoltatore; un’opera destinata a rilanciare ancora più in alto le quotazioni del metallo della morte tricolore, già onorevolmente divulgato da gente come Septycal Gorge, Hideous Divinity e Demiurgon. “Speech of the Flame” riprende il discorso del precedente, discreto “Morning Will Come No More” e ne affina minuziosamente ogni specifica, ogni dettaglio, nell’ottica di un’operazione di recupero che, partendo dai colossi Morbid Angel e Deicide, arriva a presidiare le spoglie lande di Nocturnus, Monstrosity e Brutality, irretendo minuto dopo minuto. Colpo dopo colpo. Chiave di volta della tracklist – aperta da un interlocutorio tappeto di arpeggi acustici e tastiere – è il guitar work, impegnato a destreggiarsi fra una moltitudine di soluzioni senza mai perdere di vista i concetti di ingegno e perizia nel songwriting, compensando potenza e finezza proprio come era solito accadere nella Tampa di venti-venticinque anni fa. Uptempo ferocissimi si alternano così a rallentamenti dall’incedere estremamente cupo e severo, con pregevoli guizzi di chitarra solista (spesso venati da reminiscenze classic heavy) a fare da collante assieme all’ottimo growling del bassista Daniele Lupidi, espressivo e perfetto per esaltare il pathos dell’intero disco. Una cavalcata sferragliante e dinamica, quindi, della durata di circa tre quarti d’ora e scandita da alcune delle migliori composizioni udite ultimamente in certi ambiti, come facilmente intuibile una volta messi di fronte alle varie “Blood Retribution”, “Ring of the Omega”, “The Abyss I Am In” e “Echoes of the Titan”, episodi dal peso specifico enorme che, tra riff nervosi, linee melodiche sibilline e continui saliscendi ritmici, marchiano da subito a fuoco l’ascolto, spargendo nell’aria cenere e lapilli incandescenti. Se cercate un’alternativa credibile ai vecchi classici (“Blessed Are the Sick”, “Millennium”, “When the Sky Turns Black”, ecc.), i Valgrind sono qui per accontentarvi.