8.0
- Band: VALLENFYRE
- Durata: 00:43:11
- Disponibile dal: 13/05/2014
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Universal
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C’era il rischio che “A Fragile King”, il debut album dei Vallenfyre, rimanesse un episodio isolato, visto i continui impegni del leader Greg Mackintosh con i Paradise Lost, i pochi concerti tenuti di supporto a quella fatica e, soprattutto, la mancanza di un’esperienza tragica – come era stata appunto la morte del padre del musicista britannico – che potesse incentivare la stesura di nuova musica estrema e “back to the roots”. Tuttavia, a distanza di circa tre anni dalla pubblicazione di quel disco, Mackintosh è evidentemente riuscito a trovare un nuovo significato per questo suo progetto parallelo: se infatti “A Fragile King” era stato il frutto di un processo catartico volto ad esorcizzare certi demoni, il nuovo “Splinters” è, almeno in apparenza, la semplice conseguenza di una sana rimpatriata con vecchi e nuovi amici che hanno in comune la passione per tutto ciò che è metal e hardcore-punk estremo. A dispetto del grigiore della copertina e della mestizia dei titoli e delle atmosfere, “Splinters” è un’opera che in diversi tratti trasuda euforia ed irriverenza. Nel complesso, è un album molto più diretto, veloce e brutale del suo predecessore; certo, “Bereft”, posta appena dopo l’opener, ci fa sprofondare in un abisso di tristezza con le sue lente cadenze fra primissimi Paradise Lost e sludge-core, ma la maggior parte della tracklist viaggia su registri più snelli e violenti. Il primo album era un omaggio assolutamente spudorato alle origini di Mackintosh, forte di ricorrenti influssi doom e di accelerazioni che chiamavano in causa soprattutto il death metal europeo dei tardi anni Ottanta; “Splinters” è invece più variegato e, al tempo stesso, più volgare: concede spesso spazio a ritmiche in d-beat, ad aperture grind vecchia scuola e ad un riffing che, nei momenti più quadrati, è pura e semplice scuola Celtic Frost. Lampanti sono il mestiere e la genuina passione di questi musicisti, che, quando alle prese con queste sonorità, danno costantemente l’impressione di suonarle da sempre, ma questa volta colpisce in primis la straordinaria ispirazione alla base del lavoro: non si tratta soltanto di un tributo (questo termine poteva essere applicato a certi pezzi del debut), ma di una vera e propria rielaborazione di vari filoni extreme metal e hardcore-punk, i cui elementi primari sono stati mescolati in canzoni che ci investono come un treno in corsa. “Instinct Slaughter” suona come se i Terrorizer fossero cresciuti nelle midlands britanniche, “Odious Bliss” è il brano che gli Obituary non riescono a comporre da secoli, “Aghast” è poesia ed headbanging, mentre la title track è, come giusto che sia, la sintesi perfetta dei contenuti del disco: sentita e tragica, ma anche dura e coinvolgente. Clamorosa, infine, la produzione di Kurt Ballou dei Converge, vero valore aggiunto di un album che si candida seriamente a diventare uno degli highlight di questo 2014 estremo. Se pensate che determinati suoni siano oggi ad appannaggio esclusivo di certi giovinastri su Southern Lord, Deathwish o altre etichette “cvlt”, date un ascolto all’operato di questi vecchietti e siate pronti a ricredervi: “Splinters” ferisce nel profondo.