8.0
- Band: VANHELGD
- Durata: 00:44:15
- Disponibile dal: 12/10/2018
- Etichetta:
- Pulverised Records
- Distributore: Audioglobe
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Non è sempre vero che l’età porti saggezza, ma nel caso dei Vanhelgd è evidente che urgenza e sregolatezza siano concetti associabili soprattutto ai loro esordi. Con il passare degli anni, la proposta degli svedesi si è fatta meno massacrante e più subdola, meno all’arma bianca e maggiormente solenne. Come se gli Unanimated degli esordi sognassero di suonare su “Gothic” dei Paradise Lost. Il flusso dei brani del nuovo “Deimos Sanktuarium”, puntuale successore dell’apprezzato “Temple of Phobos”, mostra più che mai una notevole dose di coerenza ed intelligenza nelle variazioni dinamiche, di registro e nei cambi di tempo, seppur con qualche normale asperità garantita dal fiero background death metal del quartetto. L’approccio “fast and furious” è stato ormai accantonato a favore di un incedere stentoreo e drammatico, aperto alla melodia e sempre altamente passionale. Il gruppo di Mattias Frisk – anche apprezzato disegnatore e autore di copertine per Ghost, Trap Them e Vampire, tra i tanti – è ormai riuscito a ricavarsi una propria nicchia all’interno del vasto panorama underground death metal, rielaborando le formule di certi vecchi pilastri della scena tramite un gusto caratteristico che si mantiene a debita distanza da quanto oggi sembra andare per la maggiore. Non siamo al cospetto del solito polpettone retro-death metal con chitarre-motosega calibrate a caso, tediosi omaggi a Entombed e Incantation o pretenziosità gratuite in brani che, fra una dissonanza e l’altra, non vanno da nessuna parte. Inserire i Vanhelgd in un determinato sotto-genere risulta difficile perchè la band tenta sempre di conciliare armonie e cacofonie, arie nostalgiche e atonie in un involucro death metal che di old school a volte ha solo la ruvidezza delle chitarre. Ecco allora una claustrofobica tensione che si accumula tutta nelle percussioni marziali di “Vi Föddes I Samma Grav”, la stessa suspense che poco prima era scesa lungo la spina dorsale di “Så Förgås Världens Härlighet”, una fuga nascosta in una notte senza luna. Un’aura tanto malinconica quanto sinistra percorre un lavoro ricco e tagliente. Sette tracce sinuose, che mostrano l’esigenza di scrivere canzoni vere, non solo di contrapporre violenza e cattiveria allo stato brado. Personale, aperto, decifrabile a patto di metterci il giusto impegno: “Deimos Sanktuarium” non è un album solo per death metaller all’ultimo stadio o doomster senza redenzione. Gli svedesi architettano un cerimoniale unico in questo periodo di metal estremo spesso fatto con la fotocopiatrice: un rito profondo e intenso dal quale è bandita ogni superficialità. Mentre aspettiamo ansiosamente il ritorno dei Sonne Adam, spetta a “Deimos Sanktuarium” colmare il vuoto in materia di death & doom per cuori ardenti.