7.5
- Band: VANHELGD
- Durata: 00:40:38
- Disponibile dal: 27/05/2014
- Etichetta:
- Pulverised Records
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Album dopo album, il suono Vanhelgd si fa più putrido e al tempo stesso più evocativo. Con “Relics of Sulphur Salvation” i death metaller svedesi prendono un po’ le distanze da quegli uptempo old school su cui erano basati gran parte del precedente “Church Of Death” o del debut “Cult of Lazarus” e optano invece per composizioni più controllate e sibilline, da cui emerge nemmeno troppo velatamente un’impronta black. Se una volta il gruppo attaccava frontalmente, ora preferisce girare intorno alla preda per poi stritolarla lentamente. C’è parecchia atmosfera in questo disco, soprattutto in quelle “hit” che rispondono al nome di “Dödens Maskätna Anlete”, “The Salt In My Hands” ed “Ett Liv I Träldom”: qui le strutture si fanno più frastagliate, le linee vocali diventano nenie diaboliche e le chitarre hanno modo di tessere trame piuttosto elaborate per i vecchi standard dei Nostri. A tratti si sente persino una vaga influenza dei primissimi At The Gates, riletta però in una chiave death-black che guarda tanto a certe bestialità degli eighties così come all’operato di attuali realtà svedesi come Necrovation e, addirittura, Ondskapt e Valkyrja. Il risultato di questa somma di spunti vecchi e nuovi è il disco più variegato e denso della discografia del quartetto: non si toccano mai velocità elevatissime, ma, al tempo stesso, nemmeno si sprofonda nel puro doom; i brani sono quasi tutti giocati su un riffing pestilenziale che fa da base ad intrecci chitarristici dall’impronta luciferina, spesso doppiati da linee vocali tremende per profondità e cattiveria. “Relics of Sulphur Salvation” è nel complesso un disco che si lascia assimilare lentamente, avaro di soluzioni immediate, ma nemmeno criptico solo per il gusto di esserlo. Qualche passaggio a vuoto c’è, vedi la conclusiva “Cure Us from Life”, tuttavia resta forte l’impressione di trovarsi davanti ad un’opera di valore. I Vanhelgd sembrano proprio sul punto di svoltare.