7.0
- Band: VEKTOR
- Durata: 00:09:45
- Disponibile dal: 02/04/2021
- Etichetta:
- District 19
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Sono ancora vivi i Vektor. Meglio, sono di nuovo vivi. Toccato l’apice – artistico, di critica e considerazione da parte dei fan – con il terzo album “Terminal Redux”, la band ha preso a sbandare terminato quel fenomenale 2016. Tre musicisti su quattro abbandonano la nave, lasciando il leader David DiSanto con un pugno di mosche in mano. Come se non bastasse, DiSanto, in un momento di nulla totale attorno alla band, finisce al centro della bufera per accuse di abusi di vario tipo arrecati alla moglie. Un quadro agghiacciante e che non avrebbe lasciato presagire alcuno sviluppo positivo per quello che, non ci pare un azzardo affermarlo, è stata finora la miglior formazione thrash degli anni 2000. A dispetto di nefasti pronostici, DiSanto rimette insieme i cocci e, ancora spalleggiato dall’estro di Erik Nelson alla chitarra solista, assieme ai nuovi Stephen Coon al basso e Mike Ohlson alla batteria, riparte alla carica. Il risultato tangibile di questo nuovo inizio è fino ad ora circoscritto ai due brani dell’EP, peraltro presentati già qualche tempo addietro e usciti a febbraio in uno split con gli olandesi Cryptosis, intitolato “Transmissions Of Chaos”, edito solo in vinile e cassetta. L’EP ha allora un suo significato per avere anche un’edizione in CD di queste canzoni, in sole trecento copie.
Che sensazioni trarre da questi due brani, come dobbiamo rapportarci ad essi, considerato il già ingombrante passato e le attese che il nome Vektor porta giustamente su di sé ad ogni uscita, a maggior ragione dopo quanto sopra raccontato? Intanto, che sono tornati e, se ci limitiamo allo stile sonoro, non si sono snaturati. Sarà poco, per qualcuno. Già un risultato, per qualcun altro. In secondo luogo, possiamo dire che i ragazzi si trovano in una fase di ricostruzione. Perché, attualmente, i Vektor paiono quegli atleti di lungo corso e gran curriculum che, dopo uno stop più o meno desiderato, devono ritrovare il passo di una volta, la brillantezza, la sicurezza nei propri mezzi. Senza voler usare toni catastrofici né urlare a chissà quale scandalo, ci pare che “Activate” sia in assoluto il brano più insipido tra quelli della discografia del quartetto. Forse per l’urgenza di tornare in pista, forse perché effettivamente uscito di getto e non troppo meditato, pare essere un ponte tra il thrash più crudo ed estremista e le architetture avveniristiche e forsennate che i Vektor ci hanno somministrato coi primi tre dischi. Dopo un avvio piuttosto quadrato e generico, la band imbastisce le evoluzioni e gli stacchi irrefrenabili che sappiamo avere in repertorio, ma lo fa come potrebbe farlo un allievo timido, al cospetto di un tentativo di ricopiatura dei lavori del proprio maestro. Solo che qua il maestro è semplicemente un’incarnazione precedente dello stesso gruppo. Nettamente meglio “Dead By Dawn”, avviata coi toni tenui e prog sperimentati in “Collapse”, coi primi esperimenti tra movimenti di ampio respiro alla Metallica dei tempi d’oro, incursioni nel repertorio settantiano dei Rush e la voce pulita di DiSanto a mostrarsi per la prima volta. Superata la setosa calma dei primi minuti, la band avvia i motori come fosse un razzo spaziale e si lancia effettivamente negli amati spazi interstellari. Nelson dà allora spettacolo, inanellando assoli da capogiro, mentre si susseguono progressioni sempre più pressanti e scatenate. Una bella canzone, di quelle che appena terminate viene voglia di riascoltare per coglierne meglio taluni passaggi e farsi inebriare dagli spunti più virtuosi. Non siamo al livello degli episodi più pregiati della discografia, ma il distacco da questi si assottiglia, lasciando intendere futuri, proficui, sviluppi. Sarà vera gloria? Non resta che attendere le prossime mosse del gruppo e incrociare le dita…