8.5
- Band: VENENUM
- Durata: 00:50:31
- Disponibile dal: 17/03/2017
- Etichetta:
- Sepulchral Voice
Di certo non si potrà accusare i Venenum di sfornare dischi a ritmi implacabili o di non avere il coraggio di mettersi alla prova. Il nuovo “Trance of Death” arriva infatti a sei anni di distanza dall’omonimo EP di debutto, e segna fin dalle prime battute un importante passo in avanti nello stile e nelle atmosfere della giovane formazione tedesca. Un’evoluzione paragonabile a quella di altri rampolli della scena death-black nordeuropea come Ensnared, Morbus Chron e Tribulation (con cui il quartetto bavarese è anche andato in tour nel 2013), e che risplende nei solchi di un platter incredibilmente emotivo e stratificato, tinto del rosso scarlatto di un tramonto apparentemente senza fine e pervaso da miriadi di spettri provenienti da un aldilà sconosciuto. Cinquanta minuti di musica che, invece di soffermarsi sul lato barbaro e brutale del metallo della morte, ne esplorano le capacità espressive più recondite, aprendosi a contaminazioni con il mondo del progressive e della psichedelia per un risultato finale tanto denso e ricco di spunti quanto privo di eccessi e pretenziosità. Quasi a volerne rimarcare l’eleganza di fondo, il percorso della tracklist viene battezzato da una linea di violoncello dal carattere struggente, un invito a chiudere gli occhi e a lasciarsi andare al flusso umorale della musica: da lì non si torna più indietro, sentendosi a poco a poco avvolti da un drappo di velluto nero e trascinati in una penombra tutt’altro che rassicurante. Ogni brano, a partire dalla suddetta opener “Entrance”, vive di sferzate e improvvisi colpi di scena, pennellate istintive su una tavolozza lungi dal contenere la propria carica visionaria, nella quale è possibile scorgere un riff di chiaro stampo death-thrash evolversi in una cavalcata prog rock tagliata con l’acido, oppure uno sfarzoso ricamo chitarristico sfociare in parentesi di pura malvagità e blasfemia, come se i Nostri avessero trovato un insperato punto di contatto tra Pink Floyd e Sadistic Intent. Un’opera che non prescinde mai da una spiccata fluidità a livello ritmico – indispensabile per lo sviluppo narrativo della tracklist – e da uno screaming che gela letteralmente il sangue nelle vene, in cui intrecci orrorifici, richiami vintage e sfumature dal piglio ipnotico danno vita a piccoli capolavori di prospettiva e chiaroscuro, frutto di una delle più talentuose realtà uscite allo scoperto negli ultimi anni. Dai vortici psichedelici di “The Nature of the Ground” all’incedere graffiante di “Cold Threat”, passando per l’orgia di soluzioni del terzo atto della titletrack, “Trance of Death” si candida già da ora a disco estremo dell’anno. Una dimostrazione folgorante di spontaneità, talento e tensione verso l’ignoto.