6.0
- Band: VENOM PRISON
- Durata: 00:41:50
- Disponibile dal: 15/03/2019
- Etichetta:
- Prosthetic Records
- Distributore: Audioglobe
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Arriva a circa due anni e mezzo dall’uscita di “Animus” il secondo LP per i britannici Venom Prison, intitolato “Samsara”. Nel mezzo, tour europei e nordamericani e il benestare della critica musicale UK che ha seguito con interesse ogni tappa della strada di distruzione musicale del quintetto. Anche in questo caso, i Venom Prison si dimostrano una formazione che ama mescolare le carte: rispetto al debut album, la durata media dei brani si è allungata e il metal-core di partenza è stato ulteriormente truccato con spunti extreme metal. Le coordinate di base non sono dunque cambiate, ma su questo secondo full-length la band propone un ibrido ancora più variopinto, puntando più che mai su ritmiche convulse, voci gutturali e strozzate, chitarre come lame di rasoio e brani disintegrati sotto una enorme concatenazione di influenze e registri differenti. Alcuni attacchi o ripartenze potrebbero indurre a pensare ad una rozza death metal band influenzata dai Cannibal Corpse, ma certi riff stoppati fanno capire che i Venom Prison hanno un background più giovane e variegato, che può spaziare dai Suicide Silence ai Code Orange; nella seconda parte della tracklist, il sound viene poi ulteriormente scombinato dall’intervento di estemporanee partiture black metal che non fanno altro che evidenziare il turbamento e – per certi aspetti – la scarsa lucidità che anima il gruppo. Se infatti da un lato “Samsara” non manca, almeno a tratti, di colpire per la sua ferocia, dall’altro non riesce a nascondere una certa incongruenza di fondo. I pezzi non seguono mai strutture chiare e coerenti, dando spesso l’impressione di essere stati assemblati a casaccio seguendo un’ispirazione dettata dall’ascolto del momento: si parte in chiave death metal per finire magari su registri metal-core, incorporando lungo il tragitto parentesi thrash o black. Raramente un passaggio o un motivo vengono ripetuti all’interno della traccia: il classico concetto di canzone non viene quasi mai contemplato e, a ben vedere, il più delle volte ciò non appare come la conseguenza di chissà quale vena progressive; semplicemente, la proposta dei Venom Prison è un grande frullatore in cui i ragazzi gettano spunti alla rinfusa con la speranza di avere qualche botta di culo che gli regali un brano efficace. L’impressione era tale su “Animus” e purtroppo “Samsara” non cambia di molto le direttive, anche se nel complesso si riconosce una maggiore incisività. Il disco si muove ondivago, vive di momenti più che di vere e proprie canzoni e concede pochi punti di riferimento. Anche dopo molti ascolti sarà difficile riuscire a riconoscere i vari titoli in questo concentrato di irruenza gratuita, nonostante pezzi come “Uterine Industrialisation”, dai breakdown alla Dying Fetus, e la melodica e maligna “Sadistic Rituals”, provino ad alzare il livello medio. Saranno in tanti a chiedersi dove stia conducendo questo estroso vagabondaggio, ma forse, al momento, neppure gli stessi Venom Prison hanno una risposta certa.